Il 13 novembre 2024 sono stati presentati i risultati del progetto “Contrasto al lavoro povero, contrattazione e dialogo sociale”, presso la CGIL Nazionale, Sala Santi, Corso Italia 25, Roma.
Il progetto “Contrasto al lavoro povero e dialogo sociale” è coordinato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e condotto in collaborazione con il Centro di Studi e Iniziative per la Riforma dello Stato (CRS) con un gruppo di ricerca interdisciplinare.
I dati Istat relativi a occupati e disoccupati confermano a febbraio 2023 l’andamento stazionario dell’occupazione in Italia. Gli occupati dipendenti calano di -6mila unità mentre aumentano di +16mila gli indipendenti. Un andamento ormai da molti anni ancorato alla quantità di 23 milioni di occupati, come nel 2008, con scarse oscillazioni se non in caso di forti crisi economiche o per ultima la pandemia.
Si confermano, purtroppo, i problemi storici del nostro mercato del lavoro. A febbraio, torna consistentemente a calare l’occupazione femminile (-44mila occupate). I dipendenti a termine restano sempre intorno ai 3 milioni (2.972.000), così come gli inattivi restano (12.600 circa) la quantità più alta a livello europeo.
Una parte dei dati della rilevazione trimestrale sul mercato del lavoro erano già noti. Il confronto viene effettuato con il I° trimestre di quest’anno e con l’analogo trimestre del 2021.
FDV Cgil, l’impatto della crisi demografica sul lavoro: nel 2042 popolazione in età lavorativa -6,8mln
L’occupazione torna sotto la soglia dei 23 milioni con un calo nel mese attuale rispetto ad aprile di -49 mila occupati.
Il calo fra i dipendenti permanenti è particolarmente preoccupante solo in parte compensato da una crescita degli indipendenti e con l’aumento di altre +14 mila unità fra i dipendenti a termine, con l’ennesimo record negativo arrivato a 3 milioni e 176 mila occupati precari.
I dati non consentono ancora una più dettagliata analisi, ad esempio quanto della crescita degli indipendenti può essere assimilata alla precarietà e il numero dei part-time, nel primo trimestre sempre molto alto anche fra i tempi determinati.
Dati molto gravi, nonostante l’ottimismo di maniera che circola sono ancora quasi 900 mila gli occupati in meno e la disoccupazione al 10,4%.
I recenti dati ISTAT sul primo trimestre relativi a occupati, disoccupati e inattivi confermano tendenze già note ma offrono anche spunti, basati su dati reali, per avanzare alcune ipotesi sull’andamento dell’occupazione nel 2021.
Commento dati Istat “Il Mercato del Lavoro – una lettura integrata” IV trimestre 2020”
Di Fulvio Fammoni
Il quarto numero della nuova collana Working paper FDV descrive le tre fasi attraversate dal mercato del lavoro nel corso del 2020, scandite dall’evoluzione della pandemia: il lockdown di marzo e aprile, che ha prodotto una improvvisa e cospicua contrazione del numero di occupati nel secondo trimestre del 2020; l’aumento congiunturale dell’occupazione nel periodo estivo, come conseguenza del progressivo allentamento delle restrizioni dettate dall’emergenza sanitaria; la recrudescenza dell’epidemia in autunno e il ripristino di severe misure di contenimento, le cui conseguenze in termini di produzione e lavoro non è ancora possibile valutare, se non con grandi margini di incertezza legati alla disponibilità del vaccino contro il coronavirus e all’efficienza della campagna vaccinale.
Sono molte le cause che hanno determinato l’attuale condizione del mercato del lavoro: la pandemia è il problema principale, ma si somma a questioni irrisolte che da tempo gravano sull’economia italiana e sul suo modello di sviluppo. La ricerca esamina le diverse fasi dell’occupazione in Italia nel corso del 2020 e propone una lettura (non una previsione) relativa al 2021.
In questo rapporto di Giuliano Ferrucci, ricercatore statistico presso la Fondazione di Vittorio, sono rappresentate le conseguenze dell’emergenza sanitaria sul lavoro in Italia, colpito dalle necessarie restrizioni imposte dal Governo per contenere la diffusione del coronavirus.
I dati definitivi del II trimestre 2020 nelle loro dinamiche erano in gran parte noti, ma suscita comunque impressione commentare un calo dell’occupazione di -841mila unità rispetto allo stesso trimestre del 2019, di cui 677mila con contratto a termine. Sono i risultati conseguenti ad una fase di stagnazione dell’occupazione in corso dallo scorso anno e soprattutto della pandemia con conseguenti blocchi di attività e sospensione degli spostamenti.
Di Fulvio Fammoni
Premessa
I dati sul mercato del lavoro relativi al IV° trim. 2019 indicano tendenze che già inglobavano la stagnazione in atto nel II° semestre e che avremmo commentato, sulla base delle negative rilevazioni di Dicembre 2019 e Gennaio 2020, in modo preoccupato.
Ora naturalmente, pur trattandosi di dati reali per quell’epoca, sono indicazioni del tutto irrealistiche rispetto al futuro per gli effetti della pandemia in atto e delle sue ripercussioni, anzitutto sulla salute, ma anche sull’economia e sull’occupazione.
Il commento dei dati del IV° trim. deve tener conto di queste considerazioni.
Commento
Il 2019 si chiude con un aumento di posti di lavoro (+207 mila nell’anno) ma già diviso in due fasi.
I dati Istat di Febbraio 2019 su Occupati e disoccupati segnalano gli effetti negativi del rallentamento dell’economia verso il lavoro.
A febbraio 2019 calano gli occupati (-14 mila unità) e aumentano i disoccupati (+34 mila).
L’aumento della disoccupazione è superiore, in questo mese, al calo degli inattivi (-14 mila) e va quindi oltre il semplice effetto di vaso comunicante fra le due realtà. Ma soprattutto, il tasso di disoccupazione, dopo il 10,5% di gennaio, risale al 10,7% , mettendo una seria ipoteca negativa al poter scendere finalmente nel 2019 sotto la soglia del 10%. Non si tratta di decimali (che pur significano migliaia di persone), ma di una tendenza negativa.
Come da nostra consuetudine, commentiamo non solo il dato mensile ISTAT su Occupati e Disoccupati, di per sé variabile per specifiche contingenze (ad esempio a fine ed inizio anno la variabilità fra chiusure ed aperture dei tempi determinati) ma, dati più assestati come quello annuale.
A gennaio - infatti- aumentano gli occupati su base mensile (+21 mila) ma calano su base trimestrale (-19 mila) e tornano ad aumentare su base annuale (+160 mila).
Il dato annuale, sul quale probabilmente si concentreranno molti commenti positivi, è però, ad esempio, sensibilmente più basso di quello del mese di dicembre 2018 (-42 mila) a conferma della necessità di una lettura di almeno medio periodo e in divenire e che, per adesso, a mio giudizio, conferma difficoltà nelle dinamiche occupazionali.
Roma 30 gennaio – Nel 2018, nonostante un lieve recupero, i principali parametri dell’occupazione italiana restano ancora molto distanti dalla media dell’Eurozona e in alcuni casi il divario aumenta. Il Tasso di occupazione italiano è più basso di 8,6 punti percentuali e simmetricamente il tasso di inattività più alto di 7,7 punti rispetto alla media europea. Il tasso di disoccupazione è “solo” 2,3 punti superiore a quello dell’Eurozona, ma come è noto, una quota di disoccupati è statisticamente riscontrabile all’interno dell’inattività.
Altro dato di rilievo è una sostanziale differenza nella situazione italiana dovuta alla condizione geografica, con il Nord che ha tassi di occupazione in linea con quelli europei e un Sud con oltre 20 punti di ritardo.
di Fulvio Fammoni
Dai dati Istat di settembre 2018 su “Occupati e disoccupati” e dalla loro proiezione sull’ultimo trimestre (luglio/settembre 2018), l’area delle persone in disagio occupazionale è in ulteriore e forte incremento.
La FDV ha diffuso -nella giornata di Lunedì 29 ottobre- i dati relativi al I° semestre 2018 dell’area della sofferenza occupazionale.
I dati attuali non sono statisticamente comparabili (produrremo appena in possesso dei microdati la statistica sui primi nove mesi del 2018) ma confermano le tendenze indicate nella nostra ricerca.
Negli ultimi dieci anni la composizione del mercato del lavoro nel nostro Paese è radicalmente cambiata e l’età media degli occupati si è fortemente innalzata. Questo è dovuto solo in parte all’invecchiamento della popolazione. Infatti, tra i giovani (15-34 anni) il calo degli occupati dal 2° trimestre 2008 al 2° trimestre del 2018 (‑1 milione 863 mila) sorpassa di quasi 500 mila unità il calo della popolazione della stessa fascia d’età (-1 milione 374 mila), con il tasso di occupazione che cala del 9,3%. E’ quanto emerge dal report “Ingorgo generazionale?” realizzato dalla Fondazione Di Vittorio.
I dati Istat sull’occupazione del mese di Agosto 2018 vedono un aumento di 69 mila unità degli occupati; più precisamente una crescita di 95 mila lavoratori dipendenti e un calo di 26 mila indipendenti.
Nell’altalena dei dati del mercato del lavoro italiano, ad agosto 2018, dopo i due precedenti mesi di calo, i dati dell’occupazione tornano a crescere (+0,3% su base mensile, +0,2% su base trimestrale).
Il dato degli occupati permanenti è positivo rispetto al mese precedente (+50 mila) ma resta negativo sia su base trimestrale (-44 mila) che annuale (-49 mila). Continuano a crescere, invece, i dipendenti a tempo determinato (+45 mila su luglio, +105 mila su base trimestrale, +351 mila annuale), più fluttuante il dato degli indipendenti (-26 mila mensile e +11 mila annuale).
I dati Istat sull’occupazione del mese di Luglio 2018 vedono un calo di 28 mila occupati, più precisamente un calo di 44 mila lavoratori stabili e un aumento di 16 mila fra tempi determinati e indipendenti equamente ripartito.
Per il secondo mese consecutivo –dunque- cala il numero degli occupati. E’ ancora troppo presto per dire se si tratta di una tendenza ma, più che sufficiente per una seria preoccupazione sulle dinamiche del lavoro in Italia, anche perché la contestualità con il rallentamento dell’economica è significativa.
Si può iniziare a parlare invece di tendenza per quanto riguarda il lavoro a tempo indeterminato, che in un anno cala di -122 mila unità.
Nel 1° trimestre 2018 il numero degli occupati ritorna ai livelli precedenti la crisi, ma lo stesso non avviene per la quantità di ore lavorate. E' quanto emerge dal report “Ore lavorate e Pil dieci anni dopo” elaborato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio.
Secondo il report, curato da Lorenzo Birindelli, "il numero di persone occupate recupera il livello massimo toccato prima della crisi, ma, nello stesso tempo, va segnalato che la quantità di lavoro effettivamente prestata nel primo trimestre 2018 è ancora inferiore di 693 milioni di ore a quella dello stesso trimestre del 2008; tale differenza corrisponde a -1,2 milioni di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA), che rappresentano il numero di ore necessario per coprire continuativamente ad un orario standard un posto di lavoro”.