Un andamento dell’occupazione sospeso in attesa delle negative regole sul lavoro precario
I dati Istat relativi a occupati e disoccupati confermano a febbraio 2023 l’andamento stazionario dell’occupazione in Italia. Gli occupati dipendenti calano di -6mila unità mentre aumentano di +16mila gli indipendenti. Un andamento ormai da molti anni ancorato alla quantità di 23 milioni di occupati, come nel 2008, con scarse oscillazioni se non in caso di forti crisi economiche o per ultima la pandemia.
Si confermano, purtroppo, i problemi storici del nostro mercato del lavoro. A febbraio, torna consistentemente a calare l’occupazione femminile (-44mila occupate). I dipendenti a termine restano sempre intorno ai 3 milioni (2.972.000), così come gli inattivi restano (12.600 circa) la quantità più alta a livello europeo.
A gennaio 2023 l’occupazione cresce leggermente e, fortunatamente, riguarda in modo quasi esclusivo, quella femminile.
Il tasso di occupazione sale al 60,8% (51,9% per le donne, ancora di oltre 17 punti inferiore a quella degli uomini) e il numero totale degli occupati torna a superare 23 milioni e 300 mila unità.
Tutto bene, dunque? Non proprio.
Anche nel mese di dicembre il mercato del lavoro italiano è sostanzialmente stazionario: nello scorso mese gli occupati sono cresciuti di +37mila unità mentre a novembre erano calati di -25mila.
Il 2022 continua dunque a vederci, con poco più del 60%, nella fascia più bassa del tasso di occupazione europeo; circa 10 punti in meno della media della UE a 27.
A novembre 2022 gli occupati tornano a calare (-27mila) così come il tasso di occupazione (60,3%).
SI conferma –dunque- che per commentare l’andamento dell’occupazione è bene evitare toni trionfalistici ad ogni piccolo picco, così come il contrario durante le flessioni come in questo mese. La realtà è che l’andamento dell’occupazione italiana è stazionario e che restiamo stabilmente nella fascia più bassa del tasso di occupazione europeo.
L’aumento degli occupati di ottobre (+82mila) porta in sostanziale parità (-4mila) il confronto tra il trimestre agosto/ottobre 2022 e quello precedente.
Il tasso di occupazione conseguentemente sale al 60,5%, il dato più alto per le serie storiche italiane ma che continua a vederci, come negli anni precedenti, di circa 10 punti sotto la media europea, anche di paesi con una disoccupazione più alta della nostra e che, per quota prevalente, è dovuto alla diminuzione delle persone in età da lavoro.
Per il secondo mese consecutivo l’occupazione cala, in agosto però in numero molto preoccupante.
Il dato complessivo di -74mila occupati è il risultato di una crescita di +42mila indipendenti e di un crollo di ben -117mila lavoratori dipendenti, di cui l’81% a tempo indeterminato (-95mila). L’occupazione totale resta ancora di poco sopra i 23 milioni e quella dei dipendenti i 18 milioni; ma con queste tendenze potremmo tornare già dal mese prossimo sotto questi livelli e il futuro trimestre luglio-settembre potrebbe, dopo molto tempo, avere segno negativo.
Rispetto a febbraio 2020 gli occupati sono infatti solo 56mila in più ma rispetto sempre ad allora la quota di precari è cresciuta dal 16,5% al 17,2% (+0,7 p.p.).
Una serie di brutte indicazioni sullo stato degli occupati in Italia emerge dai dati ISTAT pubblicati oggi. È ancora presto per dire se si tratta di una tendenza precisa ma appaiono delinearsi le aspettative negative legate allo scoppio della guerra, allo scarso sviluppo e alla ripresa dei casi pandemici.
In un anno l’aumento dell’occupazione dipendente è per l’82% precaria, i contratti a termine raggiungono la quota numerica più alta dal 1987
Su base annua oltre l’83% dei nuovi occupati è a termine
Per la seconda volta consecutiva, dopo sei precedenti mese di crescita, cala l’occupazione in agosto e in modo significativo (-80 mila unità) quasi tutta nel lavoro dipendente (-76 mila). Non è l’unico problema che si osserva. Infatti, questo calo di occupazione si riversa prevalentemente in inattività che cresce di +64 mila unità.
Il 3° trimestre del 2021 inizia con un segno negativo. A luglio, infatti, gli occupati calano di -23 mila unità rispetto al mese precedente. Il calo è il risultato di una contestuale diminuzione degli indipendenti (-47 mila unità) e di una crescita dei dipendenti (+24 mila unità), quest’ultimi ugualmente distribuiti tra permanenti e a termine.
L’occupazione a giugno, sotto la spinta della ripresa del 2° trimestre, cresce rispetto al mese precedente di +166mila unità.
Era una crescita attesa, legata anche all’avvio del periodo estivo. Rispetto ai mesi precedenti c’è un aumento degli occupati permanenti, al momento non completamente imputabile a nuova occupazione o al rientro da cassa integrazione di durata superiore a più di tre mesi (elemento, ovviamente, essenziale per dare un giudizio compiuto sulle dinamiche del mercato del lavoro).
Occupazione: una crescita molto lenta e totalmente precaria.
I dati Istat di maggio relativi a occupati e disoccupati confermano, nonostante la parziale ripresa del Pil in atto, non solo una crescita lentissima dell’occupazione, ma la sua pressoché totale precarizzazione.
Al tempo del Covid-19 le rilevazioni Istat comportano la necessità di una lettura più ampia ed integrata tra i dati mensili, trimestrali e annuali. Comparando i dati di aprile 2021 con lo stesso mese del 2020 il calo degli occupati risulta di -177mila unità mentre rispetto a febbraio 2020 (mese precedente alle misure di contenimento della pandemia) gli occupati sono ancora di oltre 800mila in meno. Questo è il gap da recuperare.
L’occupazione in Italia rispetto allo stesso periodo di un anno fa è inferiore di -565mila unità. Contemporaneamente, i disoccupati aumentano di +652mila unità e gli inattivi calano di -306mila, restando però sopra la soglia dei 14 milioni. Dati in assoluto molto gravi, che vanno però commentati rispetto ai diversi fattori che li determinano.
Il dato di febbraio 2021 è drammatico, quasi 1 milione di occupati in meno (-945mila) e oltre 700mila inattivi in età da lavoro in più rispetto allo stesso periodo del 2020. E’ una voragine molto grande da recuperare.
Contestualmente al miglior andamento della pandemia e dell’economia durante il terzo trimestre del 2020, anche l’occupazione ha un parziale recupero. Rispetto al trimestre precedente gli occupati crescono di +113mila unità (+123mila tra i dipendenti e -10mila autonomi).
I dati Istat di luglio si prestano a molteplici letture sull’andamento del mercato del lavoro italiano.
Un solo mese non dà nessuna certezza di inversione di rotta, ma è comunque un dato in controtendenza da valutare perché la lettura, finora univoca dallo scoppio della crisi pandemica, si differenzia nel breve e nel medio lungo periodo.
A giugno 2020 il calo degli occupati rispetto a giugno 2019 è di -752mila unità.
Un calo straordinario. In un anno fa diminuire il tasso di occupazione al 57,5%.
Solo da febbraio, il mese precedente al lockdown, il calo dell’occupazione è di -600mila unità.
Anche mensilmente gli occupati continuano a calare (-46mila rispetto a maggio) nonostante la ripresa di molte attività. Occorre tenere presente la gravità di questi dati nonostante il blocco dei licenziamenti e l’altissimo ricorso alla CIG, altrimenti il risultato sarebbe disastroso; per questo devono continuare.
Il numero totale degli occupati torna indietro di diversi anni, a 22 milioni 700mila unità.