Questo Working Paper analizza la dinamica dei redditi dei lavoratori parasubordinati in Italia dal 2019 al 2021 tramite l’elaborazione dei dati della Gestione Separata dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS). L’articolo approfondisce la situazione reddituale di due sottoinsiemi di lavoratori con un unico reddito da lavoro parasubordinato, evidenziandone i segmenti caratterizzati
Anche a Gennaio 2023, nonostante il calo dei prezzi energetici, l’inflazione non scende sotto il 10% su base annua.
Per il 2023 il livello già attualmente acquisito è del +5,2%; è prevedibile quindi per fine anno un livello di inflazione medio attorno almeno al 6%. Il rallentamento rispetto al 2022, come detto, è legato al calo dei prodotti energetici, ma in buona parte compensato dall’aumento degli alimenti lavorati, dai costi per l’abitazione e dall’aumento dei prezzi degli acquisti a più alta frequenza.
Dopo due mesi di calo il numero degli occupati torna a salire leggermente, ma nel trimestre resta negativo. Il Pil del Terzo trimestre 2022 cresce infatti del +0,5%, ma l’occupazione cala e questo è un dato particolarmente preoccupante che segnala ancora una volta il puro ruolo di fattore di costo assegnato al lavoro dagli attuali meccanismi di sviluppo, utilizzando troppa occupazione instabile e basse retribuzioni. Il rallentamento economico previsto per i futuri trimestri preoccupa ancor di più, per gli effetti che potrebbe generare su tutto il lavoro ed in particolare verso i contratti a tempo determinato.
Nella precedente ricerca sull’occupazione e i salari del 2020 abbiamo trattato della diminuzione del salario medio annuale lordo registrata nel primo anno della pandemia nell’Unione europea (Ferrucci & Giangrande, 2021).
Con questa breve ricerca, basata sulle più recenti statistiche relative alla massa salariale e agli occupati pubblicate dall’Ufficio statistico dell’Unione Europea (EUROSTAT) e sui dati fiscali pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), presentiamo un aggiornamento al 2021 del quadro salariale e occupazionale italiano, confrontandolo con le altre principali economie dell’Eurozona.
Le dichiarazioni sullo stato dell’economia nel confronto con i dati effettivi propongono qualche scostamento e contraddizione. Confindustria prevede un’importante frenata della produzione (molte aziende che rallenteranno e possibili chiusure) e conseguente forte ricorso alla cassa integrazione. Quasi tutti i commentatori economici prevedevano un calo di circa mezzo punto del Pil nel primo trimestre del 2022. Era quindi lecito aspettarsi anche un conseguente calo occupazionale. I dati per ora a disposizione da un lato propongono risultati meno gravi delle previsioni, dall’altro con il perdurare della guerra lasciano presagire un rapido peggioramento della situazione.
Commento dati Istat IV trimestre 2021
di Fulvio Fammoni
La Cgil promuove per il 9 marzo l'iniziativa dal titolo ‘Piena e buona occupazione’.
Interverrà al dibattito Nicolò Giangrande, economista e ricercatore della Fondazione Di Vittorio.
L'evento potrà essere seguito in diretta sulla pagina Facebook della FDV dalle ore 10.
Dopo il piccolo aumento del mese scorso, l’occupazione a dicembre 2021 resta ferma (+1,4 mila occupati) e il dato totale si attesta sotto i 23 milioni di occupati. Si conferma dunque la tendenza, verificata nel corso di tutto l’anno, di una crescita occupazionale molto più bassa di quella del Pil.
In questo studio, partendo dalla variazione della massa salariale registrata nel 2020 rispetto al 2019, abbiamo stimato la flessione del salario medio annuale in Italia verificando che questa è risultata di gran lunga la più marcata tra quelle rilevate nelle principali economie dell’Eurozona, anche per la sostanziale tenuta dell’occupazione dipendente garantita dal blocco dei licenziamenti disposto durante l’emergenza pandemica.
Abbiamo quindi rivalutato il salario medio aggiungendo al monte retributivo di Contabilità Nazionale le uscite per la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) e i Fondi di Solidarietà (FdS) e abbiamo concluso che gli ammortizzatori sociali hanno più che dimezzato, in media, la caduta dei salari.
«Il calo dell'occupazione si riversa in modo prevalente nell'inattività, non c'è travaso verso la stabilità e questo preoccupa. Continuano poi il trend negativo per le donne, le basse qualifiche, la precarietà e l'involontarietà del part-time: in una parola, il lavoro povero, quando invece quantità e qualità del lavoro sono gli elementi fondamentali che devono guidare le scelte e l'utilizzo dei finanziamenti europei».
(virgolettato di Fulvio Fammoni apparso nell'articolo di Valentina Conte pubblicato su La Repubblica il 1 ottobre 2021)
Il secondo numero del 2021 della Collana Working Paper della Fondazione Di Vittorio, scritto da Nicolò Giangrande, tratta la questione occupazionale e salariale in Italia dal 2008 al 2021 tramite l’elaborazione dei dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (Inps), del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Mlps) e dell’Ufficio Statistico dell'Unione Europea (Eurostat). Lo studio analizza le dinamiche dell’occupazione precaria e del disagio salariale con l’obiettivo di approfondire anche l’impatto della pandemia di Covid-19. L’articolo mostra come l’area della precarietà, del part-time involontario e del disagio salariale sia in crescita.
Il 2020 si conclude con un andamento negativo di tutti i principali indici dell’occupazione.
Il calo mensile di -101 mila unità del mese di dicembre, rappresenta un forte campanello di allarme per l’anno in corso, facendo per altro riferimento ad un periodo del 2019 in cui l’occupazione era già in leggero calo.
Il quarto numero della nuova collana Working paper FDV descrive le tre fasi attraversate dal mercato del lavoro nel corso del 2020, scandite dall’evoluzione della pandemia: il lockdown di marzo e aprile, che ha prodotto una improvvisa e cospicua contrazione del numero di occupati nel secondo trimestre del 2020; l’aumento congiunturale dell’occupazione nel periodo estivo, come conseguenza del progressivo allentamento delle restrizioni dettate dall’emergenza sanitaria; la recrudescenza dell’epidemia in autunno e il ripristino di severe misure di contenimento, le cui conseguenze in termini di produzione e lavoro non è ancora possibile valutare, se non con grandi margini di incertezza legati alla disponibilità del vaccino contro il coronavirus e all’efficienza della campagna vaccinale.
Sono molte le cause che hanno determinato l’attuale condizione del mercato del lavoro: la pandemia è il problema principale, ma si somma a questioni irrisolte che da tempo gravano sull’economia italiana e sul suo modello di sviluppo. La ricerca esamina le diverse fasi dell’occupazione in Italia nel corso del 2020 e propone una lettura (non una previsione) relativa al 2021.
In questo rapporto di Giuliano Ferrucci, ricercatore statistico presso la Fondazione di Vittorio, sono rappresentate le conseguenze dell’emergenza sanitaria sul lavoro in Italia, colpito dalle necessarie restrizioni imposte dal Governo per contenere la diffusione del coronavirus.
L’Istat ha diffuso oggi le statistiche relative all’occupazione nel mese di marzo. Come è noto, si tratta di dati campionari suscettibili di correzione, più ancora in questa fase a causa degli ostacoli che l’emergenza sanitaria in corso ha imposto alla raccolta dei dati di base.
I dati ISTAT di febbraio 2020, sull’andamento dell’occupazione, fotografano un periodo che non rappresenta più la concreta realtà dei fatti già dal mese di marzo.
Gli effetti della pandemia hanno ripercussioni anzitutto sulla salute dei cittadini, ma con tutta evidenza anche sull’economia e sull’occupazione.
ISTAT segnala che nel mese di settembre l’occupazione cala (in particolare fra gli indipendenti -44 mila) e continua a peggiorare la sua qualità’ (+30 mila tempi determinati e -18 mila tempi indeterminati).
Aumenta la disoccupazione (+73 mila unità’ pari a +3% rispetto al mese precedente) che ritorna vicina al 10%, confermando il rapporto diretto con l’inattivita’ (-77 mila) con un meccanismo ormai confrontabile mese per mese.
Nel raffronto con la situazione europea, il mercato del lavoro italiano ha caratteristiche che i soli dati complessivi su occupati e disoccupati non sono in grado di evidenziare e che è bene tenere in considerazione nei commenti sulla condizione dell’occupazione nel nostro Paese.
Secondo lo studio “Le peculiarità del mercato del lavoro italiano in Europa”, curato dal ricercatore Lorenzo Birindelli, è pur vero che nel 2° trimestre 2019 il numero di occupati ha superato il livello del 2° trimestre 2008; tuttavia la qualità dell'occupazione italiana peggiora se si prendono in esame le tipologie di lavoro (Part-time involontario e del Tempo determinato) o le ore lavorate.
Prosegue la fase di altalena nei dati mensili su Occupati e Disoccupati con, nei primi due mesi del 3° Trimestre, un andamento calante che vede una tendenza diversa nei due mesi tra dipendenti e indipendenti. Resta ancora positivo invece, il confronto su base trimestrale e annuale.
La particolarità del dato di agosto è relativa soprattutto al rapporto tra disoccupazione ed inattività.
Calano le persone in cerca di occupazione (-87 mila) ma torna ad aumentare l’inattività quasi nella stessa quantità (+73 mila).
I dati Istat di luglio 2019 segnalano un arresto della dinamica di crescita dell’occupazione rispetto ai mesi precedenti di -18mila unità.
In particolare, il calo è concentrato fra i lavoratori dipendenti, con -46mila unità (-44mila fra i permanenti).
L’aumento degli indipendenti (+29mila in luglio) porta invece il loro dato annuale praticamente in parità (-7mila).
I numeri totali dicono che il lavoro a termine sia ormai, in tutti i mesi del 2019, stabilmente collocato sopra i 3 milioni di persone (circa il 17% del totale dei lavoratori dipendenti).
Che interpretazione dare a questa dinamica?