Un andamento dell’occupazione sospeso in attesa delle negative regole sul lavoro precario
La definizione di sviluppo, legata al concetto di Benessere equo e sostenibile, e non solo alle quantità di crescita economica, rappresenta una fotografia più vera dello stato della società italiana. I dati del 2022 indicano che i livelli e le condizioni di benessere in Italia devono decisamente aumentare ed essere più e meglio distribuite per territorio, genere, età.
Articolo di Fulvio Fammoni, pubblicato su Collettiva.it.
A febbraio 2023, rispetto al mese precedente, si registra un calo delle vendite mensili non solo in volume (-0,9%) come in alcuni mesi precedenti, ma anche in valore (-0,1%). Sono in diminuzione particolarmente le vendite di beni alimentari (-0,3% in valore e -1,8% in volume).
Su base annuale, la forbice tra il valore delle vendite (+5,8%) e la quantità di acquisti (-3,5%) si amplia, e anche in questo caso –in modo maggiore- per gli alimentari (+7,9% in valore e -4,9% in volume).
Sono effetti legati a diversi fattori fra cui, certamente, il maggiore è l’alta inflazione. Le vendite in valore –infatti- aumentano per l’alzarsi dei prezzi, mentre la quantità di acquisti cala proprio per lo stesso motivo; nonostante la scelta di maggiori acquisti nei discount dove spesso i prezzi sono più bassi.
I dati Istat relativi a occupati e disoccupati confermano a febbraio 2023 l’andamento stazionario dell’occupazione in Italia. Gli occupati dipendenti calano di -6mila unità mentre aumentano di +16mila gli indipendenti. Un andamento ormai da molti anni ancorato alla quantità di 23 milioni di occupati, come nel 2008, con scarse oscillazioni se non in caso di forti crisi economiche o per ultima la pandemia.
Si confermano, purtroppo, i problemi storici del nostro mercato del lavoro. A febbraio, torna consistentemente a calare l’occupazione femminile (-44mila occupate). I dipendenti a termine restano sempre intorno ai 3 milioni (2.972.000), così come gli inattivi restano (12.600 circa) la quantità più alta a livello europeo.
L’inflazione di febbraio si attesta al 9,2% (contro il 10% di gennaio). Si parla, sulla base di questi dati, di un rapido rallentamento del meccanismo inflattivo, affermazione statisticamente vera, ma nella realtà, per le persone si conferma un’inflazione molto alta ed aumenti ancora superiori sui prodotti che riguardano maggiormente le famiglie meno abbienti.
A gennaio 2023 l’occupazione cresce leggermente e, fortunatamente, riguarda in modo quasi esclusivo, quella femminile.
Il tasso di occupazione sale al 60,8% (51,9% per le donne, ancora di oltre 17 punti inferiore a quella degli uomini) e il numero totale degli occupati torna a superare 23 milioni e 300 mila unità.
Tutto bene, dunque? Non proprio.
Anche nel mese di dicembre il mercato del lavoro italiano è sostanzialmente stazionario: nello scorso mese gli occupati sono cresciuti di +37mila unità mentre a novembre erano calati di -25mila.
Il 2022 continua dunque a vederci, con poco più del 60%, nella fascia più bassa del tasso di occupazione europeo; circa 10 punti in meno della media della UE a 27.
A novembre 2022 gli occupati tornano a calare (-27mila) così come il tasso di occupazione (60,3%).
SI conferma –dunque- che per commentare l’andamento dell’occupazione è bene evitare toni trionfalistici ad ogni piccolo picco, così come il contrario durante le flessioni come in questo mese. La realtà è che l’andamento dell’occupazione italiana è stazionario e che restiamo stabilmente nella fascia più bassa del tasso di occupazione europeo.
L’analisi Istat sulle prospettive per l’economia italiana conferma per il 2023 un rallentamento notevole della dinamica del Pil italiano (dal +3,9% del 2022 al +0,4% del 2023). E’ uno scenario che però si basa su ipotesi favorevoli relative sia al percorso di riduzione dei prezzi che sulla completa attuazione degli investimenti pubblici previsti per il prossimo anno ed i possibili problemi sono molti. La completa attuazione del piano di investimenti pubblici, di cui il PNRR è parte essenziale, è attualmente in difficoltà per i ritardi che sta accumulando. Le tendenze sull’inflazione indicano per il 2023 un indice in media superiore al 5%. Per gli investimenti -inoltre- occorrerà verificare l’impatto delle nuove misure decise per il settore edile e se il buon andamento in impianti e macchinari del 2022 si confermerà o meno.
A novembre i prezzi al consumo confermano un aumento dell’11,8% su base annua, un livello raggiunto solo 40 anni fa. L’inflazione non solo non arretra, ma continua ad aumentare in controtendenza con l’andamento europeo che nello stesso mese cala al 10%.
Dopo due mesi di calo il numero degli occupati torna a salire leggermente, ma nel trimestre resta negativo. Il Pil del Terzo trimestre 2022 cresce infatti del +0,5%, ma l’occupazione cala e questo è un dato particolarmente preoccupante che segnala ancora una volta il puro ruolo di fattore di costo assegnato al lavoro dagli attuali meccanismi di sviluppo, utilizzando troppa occupazione instabile e basse retribuzioni. Il rallentamento economico previsto per i futuri trimestri preoccupa ancor di più, per gli effetti che potrebbe generare su tutto il lavoro ed in particolare verso i contratti a tempo determinato.
Cala anche ad ottobre 2022, in modo ormai costante da alcuni mesi, la fiducia di consumatori ed imprese.
Normalmente dopo un risultato elettorale dall’esito molto chiaro, e quindi con la certezza in tempi brevi della costituzione di un nuovo governo, le ripercussioni sulla fiducia non sono negative.
Probabilmente è presto per un giudizio, poiché la rilevazione è stata effettuata nei primi quindici giorni di ottobre, con il governo non ancora insediato e quindi verificheremo questo aspetto con i dati di novembre 2022. Ma, in maniera evidente, sono i temi economici che hanno il netto sopravvento nel determinare questo clima di calo della fiducia di consumatori ed imprese.
L’Istat, con il report del 22 settembre, ha confermato dati per il futuro che accentueranno un progressivo disastro demografico, già in atto nel nostro Paese. Nonostante la giusta cautela utilizzata sulle previsioni a più lungo termine (2070), anche nel caso più favorevole, un calo di milioni di residenti è pressoché certo. Valutando le previsioni più ravvicinate (a 10 e 20 anni), il calo della popolazione è comunque vertiginoso: -1 milione nel 2030 e -5 milioni nel 2050, con un’emergenza nell’emergenza che riguarda il Mezzogiorno.
(articolo di Fulvio Fammoni pubblicato sul sito di Collettiva)
Per il secondo mese consecutivo l’occupazione cala, in agosto però in numero molto preoccupante.
Il dato complessivo di -74mila occupati è il risultato di una crescita di +42mila indipendenti e di un crollo di ben -117mila lavoratori dipendenti, di cui l’81% a tempo indeterminato (-95mila). L’occupazione totale resta ancora di poco sopra i 23 milioni e quella dei dipendenti i 18 milioni; ma con queste tendenze potremmo tornare già dal mese prossimo sotto questi livelli e il futuro trimestre luglio-settembre potrebbe, dopo molto tempo, avere segno negativo.
Rispetto a febbraio 2020 gli occupati sono infatti solo 56mila in più ma rispetto sempre ad allora la quota di precari è cresciuta dal 16,5% al 17,2% (+0,7 p.p.).
Nel mese di giugno si registra una crescita di occupati (+0,4%), ma con un ritmo molto inferiore alla crescita del Pil.
Tornano ad aumentare i dipendenti permanenti e a calare gli indipendenti; gli occupati a termine sono ormai stabilmente al di sopra dei 3 milioni (3 milioni e 138 mila unità), confermando la scelta da parte di troppe imprese di una produzione basata prevalentemente sulla bassa qualità del prodotto e quindi sulla competizione di costo del lavoro.
L'inflazione non solo non arretra, ma si conferma a livelli raggiunti solo oltre 35 anni fa; e tutto questo nonostante gli interventi del Governo su energetici e carburanti.
Ormai dovrebbe essere chiaro per tutti che non si tratta di un fenomeno transitorio, già adesso l'Europa prevede anche per il 2023 un livello inflattivo...
L’occupazione torna sotto la soglia dei 23 milioni con un calo nel mese attuale rispetto ad aprile di -49 mila occupati.
Il calo fra i dipendenti permanenti è particolarmente preoccupante solo in parte compensato da una crescita degli indipendenti e con l’aumento di altre +14 mila unità fra i dipendenti a termine, con l’ennesimo record negativo arrivato a 3 milioni e 176 mila occupati precari.
I dati non consentono ancora una più dettagliata analisi, ad esempio quanto della crescita degli indipendenti può essere assimilata alla precarietà e il numero dei part-time, nel primo trimestre sempre molto alto anche fra i tempi determinati.
Una serie di brutte indicazioni sullo stato degli occupati in Italia emerge dai dati ISTAT pubblicati oggi. È ancora presto per dire se si tratta di una tendenza precisa ma appaiono delinearsi le aspettative negative legate allo scoppio della guerra, allo scarso sviluppo e alla ripresa dei casi pandemici.
Articolo del presidente della FDV, Fulvio Fammoni, pubblicato su Collettiva.it
Le prospettive Istat dell’economia italiana per gli anni 2022/2023 sono condizionate dalle molte criticità possibili del prossimo futuro che Istat stesso indica tra cui, inflazione, andamento commercio internazionale, aumento dei tassi di interesse, fiducia dei consumatori e imprese. Tutto questo nell’incertezza della durata della drammatica guerra in corso in Ucraina.