Pubblichiamo il commento del presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, al Rapporto BES 2020 con alcuni approfondimenti sul mercato del lavoro e sugli immigrati, rispettivamente a cura di Giuliano Ferrucci e Beppe De Sario, ricercatori della Fondazione Di Vittorio.
Commento dati Istat “Il Mercato del Lavoro – una lettura integrata” IV trimestre 2020”
Di Fulvio Fammoni
I residenti in Italia diminuiscono da tempo: la pandemia ha esasperato una tendenza già in atto. Cala anche l'aspettativa di vita. Per invertire il trend occorre mettere al centro il welfare.
Perché ragionare anche a proposito della natalità, dell’effetto virus e della crisi del 2008?
Perché l’aggravamento di scenari sanitari, economici, dell’occupazione e quindi della fiducia nel futuro, hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nelle scelte delle persone e delle famiglie. Senza gli ulteriori effetti distorsivi che la pandemia propone per il 2020 lo scenario di nascite previsto era sostanzialmente invariato, ora cosa succederà?
Articolo di Fulvio Fammoni pubblicato su Collettiva.it
Il dato finale del calo del Pil 2020 è, anche con eventuali revisioni che potrebbero essere apportate, sostanzialmente quello preventivato, leggermente inferiore al 9%.
Un risultato difficile da prevedere dopo il tracollo dei primi sei mesi, frutto della consistente ripresa nel III° trimestre e di un calo nel IV° leggermente inferiore alle attese. Il dato 2020 testimonia gli effetti devastanti che la pandemia e le conseguenti misure di contenimento hanno prodotto su lavoro, economia, fiducia di cittadini e imprese.
Il 2020 si conclude con un andamento negativo di tutti i principali indici dell’occupazione.
Il calo mensile di -101 mila unità del mese di dicembre, rappresenta un forte campanello di allarme per l’anno in corso, facendo per altro riferimento ad un periodo del 2019 in cui l’occupazione era già in leggero calo.
Diversamente da molte previsioni, l’occupazione del mese di novembre 2020 – un mese già di ripresa dei contagi da Covid19 – ha un incremento (+63mila unità). Crescono, seppur di poco, su base mensile tutte le classi di età ad eccezione di quella tra 25 e 34 anni, aumentano i tempi indeterminati mentre calano ancora i dipendenti a termine.
Il censimento Istat 2019 propone spunti di riflessione sia quantitativi che qualitativi di notevole interesse. Il 2019 è l’anno che precede la pandemia e sarà quindi necessario verificare come l’andamento del 2020 cambierà alcuni di questi parametri, a partire dalla popolazione residente, dalla sua età media e dall’andamento dell’aspettativa di vita.
Articolo di Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio, pubblicato sul quotidiano "Domani" sabato 31 ottobre 2020.
La stima preliminare del Pil del III° trimestre 2020 conferma i dati di crescita che precedenti indicatori Istat come export, produzione industriale e fiducia avevano preannunciato.
Contestualmente al miglior andamento della pandemia e dell’economia durante il terzo trimestre del 2020, anche l’occupazione ha un parziale recupero. Rispetto al trimestre precedente gli occupati crescono di +113mila unità (+123mila tra i dipendenti e -10mila autonomi).
Dall’inizio di ottobre l’Istat ha prodotto molti dati (occupazione, andamento dell’economia, commercio al dettaglio, produzione industriale) che meritano non solo singole letture ma un’analisi incrociata.
Le misure di contenimento degli effetti della pandemia hanno ottenuto allo stato attuale in Italia risultati maggiormente positivi per la salute dei cittadini rispetto a molti altri paesi europei e rappresentano ovviamente anche un fattore fondamentale di crescita della fiducia per consumatori ed imprese.
I dati definitivi del II trimestre 2020 nelle loro dinamiche erano in gran parte noti, ma suscita comunque impressione commentare un calo dell’occupazione di -841mila unità rispetto allo stesso trimestre del 2019, di cui 677mila con contratto a termine. Sono i risultati conseguenti ad una fase di stagnazione dell’occupazione in corso dallo scorso anno e soprattutto della pandemia con conseguenti blocchi di attività e sospensione degli spostamenti.
Dopo il pesante calo del Pil nel 2° trimestre 2020, con la ripresa delle attività in molti settori era atteso un rimbalzo dell’economia che dovrebbe portare ad un 3° trimestre in crescita.
I dati di luglio ed agosto relativi a produzione, ore lavorate, consumi energetici e andamento della fatturazione elettronica, vanno in questa direzione.
I dati Istat di luglio si prestano a molteplici letture sull’andamento del mercato del lavoro italiano.
Un solo mese non dà nessuna certezza di inversione di rotta, ma è comunque un dato in controtendenza da valutare perché la lettura, finora univoca dallo scoppio della crisi pandemica, si differenzia nel breve e nel medio lungo periodo.
Il dato del definitivo calo del Pil nel secondo trimestre 2020 è peggiore della stima preliminare che pure era stata da tutti giudicata di portata straordinaria.
L’andamento è nella media dei principali paesi europei con noi comparabili (12,1% in termini congiunturali la media eurozona), migliore è il dato della Germania, peggiori i dati di Francia e Spagna.
L’osservatorio sul precariato INPS conferma (dati al mese di maggio 2020) il forte calo delle posizioni di lavoro causato dalla pandemia.
I nuovi rapporti di lavoro attivati nei primi 5 mesi dell’anno sono 1.794.000 contro i 3.194.000 dello stesso periodo del 2019. Ben 1.400.000 in meno, quasi la metà.
Il dato di giugno risente ovviamente della fuoriuscita dalla fase più stringente delle misure restrittive legate alla pandemia e quindi un aumento era previsto.
Resta invece, dato altrettanto scontato per la caduta dei mesi precedenti, negativo sia il confronto con il primo trimestre del 2020 che con giugno 2019.
A giugno 2020 il calo degli occupati rispetto a giugno 2019 è di -752mila unità.
Un calo straordinario. In un anno fa diminuire il tasso di occupazione al 57,5%.
Solo da febbraio, il mese precedente al lockdown, il calo dell’occupazione è di -600mila unità.
Anche mensilmente gli occupati continuano a calare (-46mila rispetto a maggio) nonostante la ripresa di molte attività. Occorre tenere presente la gravità di questi dati nonostante il blocco dei licenziamenti e l’altissimo ricorso alla CIG, altrimenti il risultato sarebbe disastroso; per questo devono continuare.
Il numero totale degli occupati torna indietro di diversi anni, a 22 milioni 700mila unità.
A maggio la produzione industriale aumenta del 42,1% rispetto al mese precedente. Può sembrare un incremento notevole ma occorre considerare che fa riferimento alla fase più alta del blocco delle attività avvenuto in aprile e che, con la ripresa della produzione in diversi settori fino ad allora fermi, il dato è alto ma era prevedibile.
L’ampiezza del crollo precedente può invece essere così interpretata: nonostante questo forte rimbalzo la media degli ultimi tre mesi è ancora più bassa del 30% rispetto ai trimestre precedente, e facciamo