Il fatturato complessivo dei servizi del 1° trimestre 2020 crolla, pur con differenze tra le diverse attività. Il calo è del 6,2% rispetto al IV° trim. 2019 e del 7,2% rispetto al I° del 2019. La differenza è legata alla stagnazione precedentemente in atto, che aveva portato ad un calo già nell’ultimo trimestre dello scorso anno.
A marzo 2020 l’indice Istat della produzione industriale precipita, diminuendo di ben il 28,4% rispetto a febbraio e ancor di più se corretto per gli effetti di calendario (22giorni lavorativi a marzo 2020 contro 21 a marzo 2019).
Molti dati economici sono pubblicati oggi dagli istituti nazionali di statistica europei ed italiano, tutti confermano l’enorme peso che l’epidemia Coronavirus scarica sull’economia.
L’epidemia di Coronavirus, oltre che su salute, economia e lavoro, produrrà molti altri effetti negativi, uno di questi è la demografia.
E’ stato pubblicato, pochi giorni fa, il Rapporto Istat sui dati relativi alla mortalità nel 1° trimestre 2020; nel trimestre gli effetti drammatici dell’epidemia, riguardano poco più di un mese ma sono già ampiamente significativi per avanzare alcune riflessioni e domande anche per chi, come me, non è esperto dei temi demografici.
L’Istat ha diffuso oggi le statistiche relative all’occupazione nel mese di marzo. Come è noto, si tratta di dati campionari suscettibili di correzione, più ancora in questa fase a causa degli ostacoli che l’emergenza sanitaria in corso ha imposto alla raccolta dei dati di base.
E’ iniziata la cosiddetta Fase 2 e, entro la settimana, consoceremo le disposizioni economiche contenute nel nuovo decreto cosiddetto “Aprile”.
Le misure, devono tener conto, sia del calo del numero dei contagi che dell’evitare, per quanto possibile, il riaccendersi di nuovi focolai che sarebbero drammatici per le persone coinvolte, per la fiducia del futuro, per le ricadute sull’economia e quindi sull’occupazione.
L’effetto della pandemia Coronavirus sull’economia e sull’occupazione è pesante e amplifica i problemi già in atto nella fase di stagnazione.
Due Osservatori INPS pubblicati oggi (Precariato mese febbraio e CIG mese di marzo con anticipazione di dati al 22 aprile) documentano le tendenze in corso.
E’ questa una fase di scelte importanti legate all’evolversi della pandemia.
La curva dei contagi pare si vada stabilizzando quindi, i meccanismi di separazione hanno prodotto effetti, seppur ancora parziali.
Adesso, dovranno essere prese decisioni che contemperino la priorità salute con la ripresa produttiva e sociale.
Avremmo comunque commentato in modo preoccupato i dati della produzione industriale italiana relativi a Febbraio 2020.
Il calo, rispetto a gennaio, è stato dell’1,2% e dello 0,8% rispetto al trimestre precedente (settembre-novembre 2019).
Soprattutto perché è da ormai un anno che la produzione industriale è in costante calo nel nostro paese, come testimoniano le variazioni tendenziali (corrette per gli effetti di calendario) decisamente più ampie del calo mensile.
Ma si tratta di dati che fanno riferimento alle difficoltà di una fase (scarsa crescita e successiva stagnazione) che ancora non tiene conto dei problemi anche produttivi che la pandemia in atto ha provocato.
Già nel mese di marzo -purtroppo- ma soprattutto da aprile, è prevedibile un brusco calo dell’indice.
Nonostante le belle parole della presidente della Commissione europea e l’importante decisione di una “cassa integrazione europea” con stanziamento di circa 100 miliardi di euro, entro una settimana si svolgerà un passaggio decisivo per il futuro dell’Europa.
Ci sarà un accordo sugli strumenti economici per contrastare gli effetti della pandemia in atto?
I dati ISTAT di febbraio 2020, sull’andamento dell’occupazione, fotografano un periodo che non rappresenta più la concreta realtà dei fatti già dal mese di marzo.
Gli effetti della pandemia hanno ripercussioni anzitutto sulla salute dei cittadini, ma con tutta evidenza anche sull’economia e sull’occupazione.
L’Indice di fiducia di consumatori e imprese ha un forte e brusco ribasso a marzo, tornando ai livelli di molti anni fa.
Era un dato atteso a causa dell’emergenza sanitaria in atto. Ma l’indagine non contiene ancora conto, perché realizzata nei primi 15 giorni di marzo, di un ulteriore calo legato al successivo aggravarsi della situazione che si è realizzata nella seconda parte del mese.
In ogni caso il calo è pesante, per le imprese ritorna ai valori della metà del 2013, per i consumatori al 2015.
Emergono dai dati anche specifiche indicazioni.
Per i consumatori l’indice scende dal valore 110,9 a 101,0: i cali maggiori riguardano la fiducia verso il futuro (da 112,0 a 94,8) e quella economica (da 121,9 a 96,2), con una forte crescita di preoccupazione verso la disoccupazione.
Nei primi anni della crisi iniziata nel 2008, si sentiva spesso ripetere “La crisi può diventare anche un’opportunità” per ripartire diversi e migliori quando si sarà conclusa.
Non è andata così: i fatti testimoniano che in Italia non sono migliorate le condizioni del lavoro, lo sviluppo è rimasto piatto, la finanza ha continuato a svolgere un ruolo eccessivo e improprio, sono stati ridotti sanità e welfare. Anche in Europa, non sono certo migliorate le condizioni di coesione, le regole non sono state riformate, siamo attualmente alla chiusura di alcune frontiere e addirittura a problemi per il transito del materiale sanitario tra i diversi stati.
I dati sulle professioni aggiornati al primo semestre 2019 rilevano, nel lavoro dipendente, 2 milioni 139 mila operai specializzati ed agricoltori e 1 milione 722 mila fra conduttori di impianti, operari di macchinari fissi e mobili e conducenti di veicoli. A queste cifre si aggiungono 2 milioni 293 mila dipendenti nelle professioni non qualificate.
Se si osservano in dettaglio le singole professioni, si può verificare che si tratta per le prime due fattispecie di attività manuali nella quasi totalità; nella terza fattispecie, si possono sottrarre alcune professioni come il personale non qualificato di ufficio e poco altro, ma la netta prevalenza è di attività manuali.
Di Fulvio Fammoni
Premessa
I dati sul mercato del lavoro relativi al IV° trim. 2019 indicano tendenze che già inglobavano la stagnazione in atto nel II° semestre e che avremmo commentato, sulla base delle negative rilevazioni di Dicembre 2019 e Gennaio 2020, in modo preoccupato.
Ora naturalmente, pur trattandosi di dati reali per quell’epoca, sono indicazioni del tutto irrealistiche rispetto al futuro per gli effetti della pandemia in atto e delle sue ripercussioni, anzitutto sulla salute, ma anche sull’economia e sull’occupazione.
Il commento dei dati del IV° trim. deve tener conto di queste considerazioni.
Commento
Il 2019 si chiude con un aumento di posti di lavoro (+207 mila nell’anno) ma già diviso in due fasi.
Un dato reale fuori dalla realtà.
Si potrebbe commentare così il dato sulla produzione industriale che oggi propone l’Istituto di statistica. Quanto sembrano lontani, e invece è passato poco più di unmese, i ragionamenti su un possibile rimbalzo tecnico della produzione industriale e quindi del Pil nel I° trimestre 2020 rispetto al -0,3% di fine 2019.
In effetti, a gennaio, un rimbalzino c’era stato, ma non tale da portare in positivo la media della produzione novembre-gennaio, che resta negativa dello 0,9%.
In termini tendenziali prosegue la contrazione, seppur lieve (-0,1%) dell’indice corretto per gli effetti di calendario.
E’ evidente che si tratta di dati, nell’attuale fase di epidemia e quindi anche di progressivo blocco delle attività produttive in atto, reali ma del tutto irrealistici.
Lo Spi – Cgil ha pubblicato un volume dedicato alle tante vittime delle lotte sindacali, a cominciare dal Regno d’Italia fino ai giorni nostri.
Dopo un brutto dicembre anche a gennaio 2020 non ci sono buone notizie per l’occupazione.
Il dato Istat di gennaio su Occupati e disoccupati ripropone, come nel mese precedente, dati negativi per tutti e tre i fattori presi in esame: occupati, disoccupati, inattivi; ed inoltre continua a permanere stabilmente sopra i 3 milioni il numero di precari a tempo determinato.
Il numero degli occupati cala di -40mila unità rispetto al mese precedente, con un decremento degli indipendenti di -25mila unità, dei dipendenti di -15mila unità. Gli occupati, a gennaio 2020, sono praticamente eguali (+0,3%) a quelli di gennaio 2019, il tasso di occupazione italiano, già molto basso rispetto alle media europea, cala ulteriormente al 59,1% (-0,1%).
La crisi sanitaria resta alta, ma a preoccupare adesso è l'effetto contagio sulla nostra crescita. Se questa è la situazione, sono necessari tutti gli strumenti legati all’emergenza, a partire da ammortizzatori sociali che non facciano perdere lavoro
Di Fulvio Fammoni
Le profonde trasformazioni in atto riguarderanno i nostri stili di vita futuri, i rapporti tra stati e la condizione stessa del pianeta
di Fulvio Fammoni