Addio a Emanuele Macaluso, storico dirigente sindacale e del PCI

Si è spento all’età di 96 anni, Emanuele Macaluso, dirigente sindacale e storico dirigente del partito comunista, prima Onorevole e poi Senatore della Repubblica, ultimo dei componente della Segreteria di Palmiro Togliatti nel PCI.

Macaluso era nato a Caltanissetta il 21 marzo 1924 da famiglia di modeste condizioni (padre ferroviere e madre casalinga) e aveva aderito al partito comunista nel 1941, molto prima della caduta del fascismo.

A soli 20 anni, nel 1944 divenne segretario generale della Camera del Lavoro di Caltanissetta, e dal 1947 fino al 1956 fu segretario regionale della CGIL siciliana e quindi partecipe nel 1947 del "I Congresso CGIL unitaria" svoltosi nel giugno a Firenze, uno dei momenti della sua vita politica e sindacale che ricorderà con particolare affetto e nostalgia. Visse con tutto l'impegno possibile anni difficilissimi in una Sicilia nella quale i rapporti di forza e di potere costringevano i lavoratori in uno stato di subordinazione dal quale sembrava non si potesse uscire, stretti tra le minacce della criminalità e la protervia di poteri sociali consolidati e apparentemente inscalfibili. Anni difficili, nei quali stare dalla parte dei lavoratori significava esporsi a molti pericoli, pubblici e privati: arresti, minacce, a volte attentati.

Contestualmente alla carriera politico-sindacale iniziò una prestigiosa attività giornalistica, destinata a durare tutta la vita, a partire dal 1946 con la collaborazione al quotidiano La Voce della Sicilia.

A 23 anni era già leader della CGIL siciliana e nel 1951 si candidò con successo con il PCI come deputato regionale, eletto nella II, III e IV legislatura all'Assemblea Regionale Siciliana (1951-1962). Nel 1956 lasciò il suo incarico in CGIL, formalmente ma non certo sentimentalmente dal momento che rimase per tutta la vita straordinariamente legato a un’organizzazione che sentiva come parte imprescindibile della sua vita.

Divenne segretario regionale del PCI e Togliatti lo volle nel Comitato centrale del partito. Nel 1958, fu artefice di una famosa operazione politica in Sicilia con la quale portò al varo un governo regionale con all’opposizione la Democrazia Cristiana.

Macaluso è stato sempre molto vicino a Palmiro Togliatti e a Enrico Berlinguer; successivamente, nel corso degli anni, maturò un lungo e duraturo rapporto con Giorgio Napolitano che andava oltre la comune militanza politica.

Nel 1960 entrò nella Direzione del partito, nel 1962 lasciò la segreteria regionale del PCI a Pio La Torre, e nel 1963, entrò nella Segreteria politica nazionale. Fece parte anche dell'Ufficio Politico. In quel periodo diresse la Sezione di organizzazione, di stampa e propaganda e, in un secondo momento, la Sezione meridionale.

Nel 1963 fu eletto per la prima volta deputato nazionale alla Camera dei deputati, confermato in questa carica nel 1968 e nel 1972, fino al 1976, quando fu eletto nel Senato della Repubblica e rieletto nel 1979, 1983 e 1987, dove fu vicepresidente della commissione vigilanza Rai. Nel 1991 aderì al Partito Democratico della Sinistra. Concluse la sua esperienza parlamentare nel 1992.

A partire del 1982 e fino al 1986 fu direttore de l’Unità, dopo l’addio agli incarichi politici proseguì la sua passione per il giornalismo: direttore della rivista Le nuove ragioni del socialismo, mensile da lui fondato nel 1996 ed editorialista de La Stampa e de Il Mattino. Fino al 5 marzo 2008 ha collaborato in veste di editorialista con il quotidiano Il Riformista, del quale è stato direttore dal 1º maggio 2011 alla chiusura del giornale avvenuta il 30 marzo 2012.

Come scrittore, ha pubblicato diverse opere fra cui: con gli Editori Riuniti, La Sicilia e lo Stato; Lo Stato e la mafia. Con Rubettino: Togliatti e i suoi eredi; Andreotti tra la mafia e lo Stato; 50 anni nel PCI. Con Rizzoli, insieme con Paolo Franchi: Da cosa non nasce cosa: i problemi dell'unità della Sinistra. Con Marsilio: La mafia senza identità. Con Feltrinelli: Al capolinea. Controstoria del Partito Democratico; per la Castelvecchi nel 2018 Portella della Ginestra? Strage di Stato?

Nella sua vita ha sempre guardato al sindacato come a una forza decisiva per un sistema realmente democratico, e si è battuto con forza in nome dell’unità sindacale, quella che lui aveva personalmente vissuto con la CGIL unitaria (era l’unico delegato sopravvissuto del Congresso di Firenze del 1947).  Nel 2014, ricordando con commozione il Patto di Roma, in un’iniziativa promossa dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio insieme alla Fondazione Giulio Pastore e alla Fondazione Bruno Buozzi, a settant’anni dalla firma del documento che decretava la rinascita del sindacato libero e la ricostituzione della CGIL unitaria (lui firmò il patto costitutivo della CGIL unitaria in Sicilia), colse l’occasione per rivendicare la centralità del ruolo della rappresentanza sociale con un trasporto che confermava il grande amore per la CGIL. Aveva in mente un sindacato capace di incarnare un progetto di trasformazione generale del Paese partendo dalle rivendicazioni specifiche nei luoghi di lavoro nelle fabbriche e nelle campagne. Una lezione che aveva appreso e mai dimenticato da Giuseppe Di Vittorio, uno dei leader da lui più amati e rispettati.

E’ stato prima un dirigente e poi un amico prezioso per la CGIL e la Fondazione Giuseppe Di Vittorio ai quali non ha mai fatto mancare appoggio e sostegno intervenendo spesso alle iniziative.

Lo ricordiamo alla presentazione del suo libro su Portella della Ginestra in CGIL alla presenza del Segretario generale Maurizio Landini nella quale, con una umanità che non poteva lasciare indifferenti, ricordò il suo impegno contro la mafia e la sua Sicilia che riusciva sempre a far rivivere con colori e calore straordinari. Ascoltarlo era una vera lezione: non solo di storia, ma di umanità e impegno.

Emanuele Macaluso è stato un protagonista della storia politica italiana, con la sua vita e la sua attività ha attraversato tutto il ‘900 fino ai giorni nostri ricordando il passato ma parlando sempre delle cose da fare nel futuro. Ha vissuto per e creduto nell’emancipazione dei lavoratori ai quali ha dedicato la vita senza che nessuna difficoltà scalfisse la sua passione.

Si metteva di fronte alle responsabilità e alle difficoltà del momento accompagnato sempre da un’indomita voglia di combattere e cambiare le cose, uno sprone straordinario a non arrendersi ai problemi.

Con lui scompare un modo nobile di incarnare e fare politica. Alla sua famiglia tutto il cordoglio della Fondazione di Vittorio, e a lui un ultimo, commosso ringraziamento.

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