Pubblichiamo qui l'intervento di Giovanni Destefanis al convegno svoltosi a Torino il 19 dicembre con interventi di Renato Lattes, Giancarlo Quagliotti, Tom Dealessandri, Paolo Franco, Renzo Gianotti, Rocco Larizza, Saul Meghnagi, Stefano Musso, Iginio Ariemma, Carlo Callieri, Gianprimo Cella, Nino De Amicis, Fabrizio Loreto), Pietro Marcenaro, Riccardo Terzi.
L'intervento di Iginio Ariemma al convegno svoltosi a Torino il 19 dicembre.
Dopo un anno passato in città in mezzo ai rumori della vita frenetica e allo smog più o meno intenso, ad una certa età il nostro corpo necessita di un periodo per disintossicarsi nella quiete e nell'aria pura della campagna. Per riempire gli spazi forzatamente vuoti di questo periodo e per godermi appieno il meritato riposo, ho portato con me alcune letture. Fra queste sono rimasto colpito da un piccolo libricino di cui avevo letto una elogiativa recensione su alcuni quotidiani.
Il libricino in questione mi ha fatto piacevolmente rivivere un tormentato periodo della mia giovinezza. Non si tratta, come si potrebbe immaginare, di una storia di amori giovanili ma di un diario autobiografico di una grande figura dell'antifascismo: Bruno Trentin.
Questa è la sintesi dell’intervento di Dario Missaglia, responsabile Education della FDV, alla presentazione del “Diario di guerra”, Roma 9 ottobre 2008 (alla presenza di Pietro Ingrao)
L’idea di presentare il “diario di guerra” in una scuola, tra tanti giovani, sarebbe piaciuta molto a Bruno Trentin. I giovani, la scuola, il sapere, la conoscenza, sono stati infatti pilastri fondamentali dei pensieri e della elaborazione di Bruno Trentin.
Questa è la sintesi dell’intervento di Dario Missaglia, responsabile Education della FDV, alla presentazione del “Diario di guerra”, Roma 9 ottobre 2008 (alla presenza di Pietro Ingrao)
C'è stata, il 24 ottobre 2008, prima dell'inizio dei lavori del convegno a Roma dedicato a Bruno Trentin, un omaggio a Vittorio Foa, appena scomparso. Ecco il testo dell'intervemto di Andrea Ranieri:
La cosa più straordinaria dei giorni passati è stato cogliere, in quasi tutti quelli a cui veniva annunciata la morte di Vittorio Foa, un senso di sorpresa, quasi di incredulità. Eppure era morto un uomo che aveva alla sue spalle quasi un secolo di vita, di cui tutti conoscevano le sempre più precarie condizioni di salute. Il fatto è che quell’uomo era stato per molti di noi un punto di riferimento fondamentale per pensare e immaginare il futuro, l’uomo che ti apriva prospettive nuove, anche quando tutte le strade sembravano bloccate, che produceva speranza quando il continuare a sperare sembrava una follia.
E’ Bruno Trentin che guarda se stesso sullo schermo. Come in uno specchio. E’ un Trentin che si emoziona, sorride, commenta. Siamo nel 1999. Ha i capelli bianchi, la barba, gli occhi raddolciti. Quello che appare sullo schermo contrapposto, è il Trentin degli anni Sessanta-Settanta, giovane, impetuoso. Il regista lo ha chiamato a rivedersi, a giudicarsi. Sono trascorsi cinquant’anni, ma non è cambiata la sua passione, la sua voglia di ragionare e convincere gli altri, la sua ricerca di un’utopia possibile. Per il mondo del lavoro innanzitutto. E’ Bruno Trentin che guarda se stesso sullo schermo. Come in uno specchio. E’ un Trentin che si emoziona, sorride, commenta. Siamo nel 1999. Ha i capelli bianchi, la barba, gli occhi raddolciti.
Trentin fa parte di quella leva di giovanissimi, che fu chiamata all’impegno, come ricorda spesso Ingrao, spinti quasi a calci dalla storia. La guerra di Spagna vista con gli occhi di un bambino precoce; e poi l’invasione tedesca di tutta l’Europa, la codardia della monarchia italiana e il tallone di Hitler sulla patria; l’impegno del padre per la libertà ed i primi incontri con i grandi personaggi dell’antifascismo internazionale nei fugaci approcci che permetteva la clandestinità. Questo turbinio di emozioni portò Trentin a 17 anni, a scegliere la strada di combattente partigiano. Audace ed esperto.
Trentin fa parte di quella leva di giovanissimi, che fu chiamata all’impegno, come ricorda spesso Ingrao, spinti quasi a calci dalla storia.
Gli scritti qui raccolti di Bruno Trentin si cimentano con la grande questione dei diritti e della rappresentanza del lavoro, che si ripropone oggi imperiosa. Per un cinquantennio l’autore ne è stato un protagonista in Italia e in Europa, come leader sindacale e come studioso autorevole. Da questa antologia - curata da Michele Magno - emerge l’attualità del suo pensiero, in un passaggio di secolo che ha decretato la cesura tra il capitalismo novecentesco e le nuove forme della produzione e dell’organizzazione sociale. Il lettore non farà fatica a rintracciarne il filo rosso nell’idea che - nel sistema dei valori sommi della sinistra - la libertà viene prima dell’eguaglianza, per parafrasare il titolo del suo ultimo libro.
Ecco i brani tratti da scritti di Bruno Trentin letti da Massimo Wertmuller durante la conferenza di organizzazione della Cgil.
DA “IL DIARIO DI GUERRA”, SETTEMBRE 1943
22 Settembre 1943
Pubblichiamo qui la prefazione al libro 'La libertà e il lavoro', curato da Michele Magno.
Un altro estratto dal volume curato da Michele Magno 'La libertà e il lavoro', antologia di scritti di Bruno Trentin. Comprende una conversazione con Vittorio Foa. Scrive nella premessa Andrea Ranieri:
http://www.linksnet.de/artikel.php?id=3461
Erneuerung und Arbeiterbewegung
E’ come se Bruno Trentin fosse presente in mezzo a noi. Come nei suoi interventi più importanti, quando arriva sul palco davanti alla sede della CGIL lo accoglie un applauso interminabile di migliaia di persone vecchie e giovani. Poi, ascoltando le parole degli oratori, mi lascio andare. Seguo la voce dei ricordi, rivedo spezzoni di un film ricco di passioni ideali, di discussioni, di lotte, di entusiasmi alternati da delusioni. Con un’intera generazione di operai e una nuova leva di sindacalisti ho avuto il privilegio di vivere intensamente quel movimento a cavallo degli anni ’60 e ’70 che ha scosso il mondo. L’ultima grande utopia del ‘900 per cambiare la società e Bruno Trentin è stato un protagonista centrale di queste lotte.
(Pubblicato nel 2005 su 'Eguaglianza e libertà'). Che strano, a volte. Ti giri da una parte e vedi un'Italia che tira il fiato per lo scampato pericolo. 'Il rischio della democrazia italiana, privata di televisioni e intimidita gravemente nei giornali, era rappresentato da una persona sola', dal 'potere troppo grande, troppo arbitrario, troppo circondato di silenzio, di Silvio Berlusconi'. Ora, per fortuna, 'il predominio e la prepotenza di un uomo solo' senza del quale 'a destra non c'è niente di cui vale la pena occuparsi' sta per finire e 'la missione è compiuta'.C'è da augurarsi che l'ottimismo di Furio Colombo, straripante dalle colonne de L'Unità del 17 aprile 2005, sia fondato. Ma se ti giri dall'altra parte, non sei più così sicuro che esista 'un solo grande problema'.
Antonio Lettieri è entrato a far parte dell'ufficio studi della Cgil quando Bruno Trentin era ormai passato alla Fiom. Lo ha poi raggiunto e negli «anni di Trentin» è stato nella segreteria di Fiom, di Flm e infine di Cgil. Nell'onorare Trentin, si è trascurato paradossalmente il sindacalista. Che sindacalista era?
Bruno Trentin è stato innanzitutto un sindacalista vero. Ha trascorso oltre quaranta anni in ruoli diversi partendo, giovanissimo, dall'Ufficio studi della Cgil, fino a diventarne segretario generale, passando per la direzione della Fiom e dell'Flm... Quando uno storico del sindacato ne avrà l'occasione e la voglia, dovrà ricostruire la storia intellettuale e politica che fa di Trentin uno dei principali artefici del paradigma sindacale e del modello di relazioni industriali del nostro paese.
Il seminario indetto a Parma il 14 febbraio 2008 era dedicato al pensiero di Trentin a proposito dei problemi dell'unità sindacale. Pubblichiamo qui il testo della relazione di Iginio Ariemma e delle conclusioni di Carlo Ghezzi.L’unità sindacale è sicuramente uno dei temi centrali della riflessione di Bruno Trentin, e della sua iniziativa e della sua azione.
A cura di Eugenia Valtulina (Biblioteca “Di Vittorio)
I libri di Bruno Trentin
“Proprio dalla vivida descrizione della situazione sociale a Sarnico negli anni ’60 [...] è difficile sfuggire all’impressione, per dirla con Brecht, che “il ventre è ancora fecondo” e che può ancora provocare nuove fratture e nuovi lutti anche se magari si natura assai diversi da quelli che hanno portato alla morte di Mario Savoldi. “Il ventre è ancora fecondo” se di fronte ad una lunga fase di passaggio e di profonda trasformazione delle strutture economiche, degli assetti societari, dei sistemi di relazione, contrattuali e civili, come quella che attraversiamo in questi anni di tramonto del fordismo, la società civile e le pubbliche istituzioni non si dimostreranno capaci di governare il cambiamento con nuove regole, con la sanzione di nuovi diritti e di nuove responsabilità. Il rischio che si ripetano situazioni di capitalismo selvaggio, di sottosalario, di sfruttamento della manodopera giovanile, di occupazioni precarie sottoposte al volere dispotico dell’imprenditore e che, in questo clima di ‘legge della giungla’, anche gli animi, le culture della vita quotidiana si imbarbariscano ed esprimano, innanzitutto, una sete di potere e di guadagno o, all’opposto, di sopravvivenza ad oagni costo è un rischio tutt’altro che ipotetico”
Bruno Trentin, dalla Prefazione a Cronaca di una serrata. I fatti di Sarnico (maggio 1961), di Carlo Simoncini, Quaderni della Biblioteca “Di Vittorio”, 1997
Nel suo ufficio, ministro Damiano, ha portato solo due foto, una la ritrae con Bruno Trentin.
«Si, sono foto che mi seguono nei vari traslochi. Un’immagine di un corteo di Mirafiori, del 1975; l’altra mi ritrae con Bruno Trentin. Era il 1991, Bruno era venuto per la celebrazione del centenario della Camera del lavoro di Torino. Sono immagini che mi riportano a una situazione che vivo sempre con commozione, e mi riportano a Bruno Trentin, come persona, come dirigente sindacale di altissimo profilo, un maestro per tutti noi».
Qual è stata la sua lezione?
Bruno Trentin è stato, negli ultimi anni della sua vita, un uomo solo. Mi perdoneranno i suo amici, quelli che con lui hanno condiviso in questi anni idee e battaglie politiche, la brutalità di questa affermazione. Ma sono certo che la capiranno più di tutti gli altri.
E’ stato solo rispetto alle modalità più correnti della politica, solo rispetto al dibattito mediatico, solo rispetto ai luoghi dove si decideva.
Mi chiedo se questa sua solitudine dipendesse dal fatto che le sue idee erano invecchiate, dal suo carattere “antico”, o se la sua solitudine non fosse essa stessa un segnale del distaccarsi del dibattito politico dai problemi reali del Paese e da quelli delle persone. Dilemma non da poco, specie quando si costruisce un nuovo soggetto che alla crisi della politica vorrebbe dare una risposta.