Se una fattucchiera gli avesse detto: morirai per una caduta dalla bicicletta lui avrebbe riso, a modo suo, guardandola con ironia. Come di fronte a un qualsiasi paradosso. Pensieri che si agitano confusi davanti al feretro di Bruno Trentin in quel palazzo di Corso Italia, a Roma, dove ha passato buona parte della sua vita. E viene da sorridere perché Trentin amava i paradossi. Un dono di famiglia. Un giorno ad Auch, in Guascogna dove la famiglia viveva nei primi anni '30 del Secolo breve, Emilio Lussu accompagnò la madre Beppa a prenderlo a scuola: 'Bruno (aveva 6-7 anni) , un po’ imbarazzato , disse alla madre che per una serie di fatti particolari di cui non ricordo più la natura, era stato il terz'ultimo della classe.
Sono stato recentemente, meno di due anni fa, con Bruno Trentin a Barcellona, per la presentazione di un libro in lingua catalana a lui dedicato, con una sua raccolta di scritti e con un saggio lucido e appassionato di un dirigente delle Comisiones Obreras, Josè Luis Lopez Bulla. È l’ultimo ricordo che io ho di Trentin, e l’episodio mi pare indicativo, perché lì ho potuto direttamente verificare il prestigio e la considerazione di cui egli godeva a livello internazionale, essendo un punto di riferimento molto importante non solo per il movimento sindacale, ma per tutta la cultura della sinistra europea.
Per i sindacalisti della mia generazione Bruno Trentin è stato un costante punto di riferimento, da quando era segretario generale della Fiom nella stagione dei consigli, da lui fortemente voluta, fino a quando accettò di di dirigere la Cgil in un momento di grande difficoltà per l’organizzazione. Fu un punto di riferimento anche per chi veniva da esperienze e da categorie diverse dalla sua.
Quando diventai segretario generale dei chimici Bruno era già da tempo passato alla segreteria confederale. Nella cultura sindacale dell’industria di quegli anni l’esperienza dei metalmeccanici era davvero lontana da quella dei chimici. Tuttavia il rispetto che la mia categoria, tradizionalmente moderata, nutriva nei confronti di Bruno era rilevantissimo.
No, non voglio con questo mio scritto ripercorrere la storia politico-sindacale di Bruno Trentin nei suoi rapporti tra sapere e lavoro, tra scuola, università e ricerca e i processi di emancipazione del lavoro e nel lavoro.
E’ già stato tutto scritto nei suoi libri, nei suoi atti e documenti ufficiali della sua lunga militanza politica e sindacale nella Cgil e nel Partito d’azione prima e poi nel Pci. Il tutto mirabilmente condensato nel discorso da lui svolto presso l’Università in occasione della consegna della laurea honoris causa (opportunamente ripubblicato in questi giorni nel sito FLC). E molti dirigenti a lui vicino potranno meglio di me fare “memoria storica” del suo grande apporto alla storia della democrazia nel nostro paese.
Ascoltando in questi giorni tante voci e partecipando al travaglio di una sinistra che vuole uscire dai vecchi confini per costruire una forza nuova capace di ridare al paese un futuro ho molto pensato a Bruno Trentin. Bruno protagonista della storia profonda dell’Italia repubblicana.
Il cuore di un generoso e determinato combattente per i diritti dei lavoratori e per le libertà si è spento per sempre. Bruno Trentin è morto dopo tante sofferenze e la ferale notizia mi ha colpito profondamente. A Trentin ero legato da una fraterna amicizia, oltre che da una militanza politica comune.
Per la Cgil e per l’intero sindacato italiano con la sua scomparsa viene meno un essenziale riferimento culturale e politico. In effetti per il ruolo e l’azione svolta in decenni di attività Bruno Trentin ha lasciato una traccia profonda nella vicenda sindacale italiana. Mi riferisco non tanto al contributo concreto fornito alla realizzazione di questo o quell’accordo, in funzione di questa o quella politica. Ovviamente la definizione delle politiche da perseguire costituisce sempre un passaggio impegnativo. In alcuni casi addirittura tribolato. Tuttavia, per quanto rilevanti, le politiche sono sempre il prodotto della storia. Destinate quindi a mutare con il mutare del contesto storico.
Bruno Trentin non si fermava mai alla superficie delle cose né si accontentava di uno slogan. Frugava sempre curioso nel profondo per trovare spiegazioni di cui era avidissimo. E privilegiava i processi reali, non le facciate ideologiche. Inflessibile sui valori, rifiutava le formule: era questa la sua forza intellettuale, e forse era qui la chiave di quello che oggi Alfredo Reichlin chiama il suo riformismo.
Io vorrei riprendere una tematica a cui Bruno ha dato tanto, che è ancora di bruciante attualità: la cultura del lavoro, e cioè la natura nuova, la sostanza post-fordista, post-taylorista del lavoro ed il suo forte nesso con la cultura. Il lavoro nella società della conoscenza.
Ogni grande storia ha il suo mito. Quella del sindacato si riconosce nel mito del movimento operaio. La vita di Bruno Trentin si è svolta in un tempo nel quale quel mito era ancora storia viva di un conflitto che coinvolgeva l’intera società, costituendone il tema dominante. A quel tempo e a quel mito appartiene la figura di Bruno Trentin. Ed è naturale che si pensi a lui come a un grande capo del movimento operaio.
Nel suo collocarsi alla ricerca di un punto di sintesi, nella sua capacità di non temere il nuovo e di guidare i processi della realtà per condurli verso una esplicita visione etica e culturale della società, in questo si riassume il contributo di Bruno Trentin alla storia del sindacato italiano.
Appartengo ad una generazione fortunata che si è formata al calore di grandi valori e di smisurate prospettive. In un’epoca, quella a cavallo tra la fine degli anni ’60 e buona parte del decennio ’70, di forti tensioni ideali, di passioni etiche coinvolgenti: sincera, esplicita, generosa. Un’epoca che, attraversata da esasperate e laceranti contraddizioni culturali, politiche e sociali, ha finito per far sì che le diverse, spesso opposte opinioni, volgessero più allo scontro che all’incontro.
Bruno Trentin è morto il 22 agosto del 2007. Esattamente un anno prima era stato vittima di un brutto incidente mentre pedalava su una pista ciclabile disegnata tra le montagne dolomitiche della sua amata San Candido in Val Pusteria dove era uso da anni trascorrere i suoi periodi di riposo ed effettuare numerose arrampicate.
Con lui è venuto a mancare un protagonista, un dirigente che ha fatto la storia del sindacato italiano e che ha saputo pesare nel dibattito interno del Pci e di tutta la sinistra italiana. Bruno ha militato nella Cgil assumendo livelli di responsabilità crescenti alla fine del conflitto bellico, ha vissuto in prima fila, e sempre da protagonista, una buona metà della storia centenaria della confederazione.
Bruno Trentin io l'ho conosciuto da ragazzina, quando veniva a parlare di politica con mio padre, all’ora del pranzo. Mangiavo, sparecchiavo la tavola a turno con le mie sorelle, e ascoltavamo i discorsi dei grandi. E quando a tavola c'era Bruno lo sparecchiare si faceva più lento, perché avevi voglia di fermarti ad ascoltare. In quell'ascolto, fra la pasta e la fettina, fra l'insalata e il caffè, è iniziata la mia formazione di persona adulta.
È piombata all’improvviso la notizia della scomparsa di Bruno Trentin. Ha scosso gli animi dei molti che lo hanno conosciuto, ascoltato, amato. Per le sue idee, per la sua passione, per il suo rigore, per il suo stile di vita.
Il cronista che qui scrive lo ha seguito per anni, fin da quando era prestigioso dirigente dei metalmeccanici. Quel che ha imparato lo ha imparato da lui. Anche nel saper affrontare, come in queste ore, momenti di acuto dolore.
Già in questi mesi di sofferenza, dopo la caduta dello scorso anno, si è sentita la sua mancanza. Alludo all’assenza amara di una voce che sapeva guardare con lucidità e con speranza le vicende di un mondo, di un Paese, di una politica che a stento cerca il filo di un futuro incerto.
Bruno Trentin cumple sus primeros ochenta años. Este es un modesto homenaje a su vida y obra. Lo que daríamos muchos por llegar a esa edad con la cabeza tan amueblada o casi casi. Por muchos años, maestro. Edita esta bitácora el GRUPO DE AMIGOS DE TRENTIN, de Santa Fe, capital de la Vega de Granada, presidido por Rafael Rodriguez Alconchel, afiliado a Comisiones Obreras...
Questo non è un ricordo e non è un addio.
Questa è la testimonianza di una presenza che resta nella vita e nella cultura italiana persino in un tempo barbaro che vede futuro e modernità nello smantellamento, nel vandalismo, nel rimuovere e negare come segno di presenza e di afona egemonia. Furio Colombo
Quel che gli devo
da l'Unità
Questo non è un ricordo e non è un addio.
Questa è la testimonianza di una presenza che resta nella vita e nella cultura italiana persino in un tempo barbaro che vede futuro e modernità nello smantellamento, nel vandalismo, nel rimuovere e negare come segno di presenza e di afona egemonia.
S. Leonardi
Un omaggio a Bruno Trentin: intellettuale, militante, sindacalista
Articolo pubblicato su “Le Monde du Travail”, 1/2008