Il rigore dell'esperienza europea, di Sante Cruciani

Nella biografia di Bruno Trentin l’elezione al Parlamento europeo ha costituito l’approdo naturale di un percorso intellettuale, politico e sindacale sempre attento alle trasformazioni del mondo del lavoro e alla dimensione sovrannazionale dei processi politici, economici e sociali

 

Le ragioni di una iniziativa

Nella biografia di Bruno Trentin l’elezione al Parlamento europeo ha costituito l’approdo naturale di un percorso intellettuale, politico e sindacale sempre attento alle trasformazioni del mondo del lavoro e alla dimensione sovrannazionale dei processi politici, economici e sociali.

In questo quadro, l’iniziativa promossa dalla Fondazione Di Vittorio e dalla delegazione del Partito Democratico nel Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha cercato di individuare le radici più profonde dell’europeismo di Trentin e rilanciare la discussione sui compiti del socialismo europeo.

Aperta da un messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sugli anni di “splendida collaborazione e amicizia” vissuti insieme a Trentin al Parlamento europeo dal 1999 al 2004, la tavola rotonda coordinata da Sergio Cofferati ha posto a confronto esponenti di primo piano della famiglia socialista (Martin Schulz, Stephen Hughes, Pervanche Beres, Robert Goebbels), segretari generali della Cgil (Guglielmo Epifani e Susanna Camusso), stretti collaboratori di Trentin (Iginio Ariemma) e rappresentanti della delegazione del PD al Parlamento europeo (Gianni Pittella e David Sassoli).

Si è sviluppato così un dibattito a tutto campo, nel quale ragionamenti politici e ricordi personali hanno disegnato, sul filo dell’emozione, il ritratto di un protagonista della storia della sinistra italiana ed europea.

 

Le testimonianze di Martin Schultz, Stephen Hughes, Pervanche Beres e Robert Goebbels

Offrendo alcune coordinate sul percorso politico di Trentin, il presidente del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici Martin Schultz ha collocato l’originalità della figura di Trentin nell’esperienza della resistenza europea in Francia e in Italia e nell’evoluzione europeista del Partito comunista italiano.

La riflessione di Trentin sul rapporto tra libertà e uguaglianza e la battaglia per l’europeizzazione  delle lotte sindacali  degli anni settanta sono state proiettate da Schultz nel dialogo tra il Partito comunista di Enrico Berlinguer e la socialdemocrazia tedesca di Willy Brandt, per diventare con l’elezione al Parlamento europeo nelle liste dei Democratici di Sinistra uno dei tratti distintivi di “un grande italiano della tradizione socialista”.

Il rapporto tra libertà e lavoro come fondamento della cittadinanza è stato individuato da Stephen Hughes tra i motivi ispiratori dell’attività di Trentin nella Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. La capacità di leggere criticamente la globalizzazione e le politiche di modernizzazione perseguite in Inghilterra dal Labour Party è stata accompagnata nel discorso di Hughes dal ricordo di un “sindacalista e politico” dotato di una “profondità di esperienza” fuori del comune.

A partire dal carisma esercitato come leader delle lotte sindacali del biennio 1968-1969  sui giovani della gauche francese, Pervanche Beres ha delineato l’impegno di Trentin al Parlamento europeo sottolineando il contributo alla nascita del “Gruppo Spinelli” a fianco di europarlamentari come Giorgio Napolitano, Giorgio Ruffolo, Pasqualina Napoletana, Max Van den Berg e Michel Rocard, allo scopo di stimolare la Convenzione europea a procedere senza indugio nella costruzione dell’Europa politica e sociale.

La reputazione di “grande sindacalista” e il “lavoro esemplare” condotto al Parlamento europeo sono stati tratteggiati da Robert Goebbels facendo riferimento agli interventi di Trentin nelle sedute plenarie sul coordinamento delle politiche economiche e sociali, sulla riforma del Patto di stabilità e sull’attuazione della Strategia di Lisbona per una economia della conoscenza.







Gli interventi di Guglielmo Epifani, Susanna Camusso e Iginio Ariemma

Le testimonianze dei compagni della famiglia socialista sono state arricchite dagli interventi di Guglielmo Epifani, Susanna Camusso e Iginio Ariemma sull’esperienza di Trentin nelle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà, sulla militanza nella Cgil, nel Partito comunista italiano e nei Democratici di Sinistra.

Nella ricostruzione di Epifani, la personalità di Trentin è profondamente segnata dall’influenza del pensiero federalista del padre Silvio e da una ricerca permanente  sui grandi temi della giustizia sociale e della libertà, intesa come “autogoverno e responsabilità” dei lavoratori nel processo produttivo.

Il pensiero politico di Trentin, dal volume del 1977 Da sfruttati a produttori. Lotte operaie e sviluppo capitalistico dal miracolo economico alla crisi alla piattaforma programmatica del sindacato dei diritti elaborata alla guida della Cgil dal 1988 al 1994, l’insistenza sulla frontiera della conoscenza rappresentano per la sinistra politica e sindacale una eredità irrinunciabile per assumere una capacità di lotta autenticamente europea.

La declinazione del concetto di libertà nell’attività sindacale di Trentin è stata ripercorsa da Susanna Camusso con particolare attenzione per il periodo della segreteria generale della Federazione dei lavoratori metalmeccanici. Le lotte per inserire nei contratti il diritto di informazione sulla strategia produttiva delle aziende, la conquista delle 150 ore per la formazione culturale dei lavoratori, la rivendicazione  del “diritto degli operai ad imparare a suonare il violino”, la stagione del sindacato dei consigli sono momenti emblematici di una visione del lavoro come terreno essenziale di una emancipazione degli uomini e delle donne fondata sulla consapevolezza del proprio valore e della propria libertà.

Si tratta di riflessioni di ampio respiro approfondite da Iginio Ariemma, in un intervento teso a illuminare la tensione tra politica e cultura e tra partito e sindacato nell’evoluzione europeista di Trentin, dalle analisi sulla Comunità economica del carbone e dell’acciaio per l’Ufficio Studi della Cgil alla condanna di Giuseppe Di Vittorio dell’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. Le relazioni sul neocapitalismo presentate da Trentin nei convegni dell’Istituto Gramsci del 1962 e del 1965 sul capitalismo italiano ed europeo rappresentano il presupposto della battaglia per la democratizzazione della Federazione sindacale mondiale, il dialogo con le organizzazioni socialdemocratiche e cattoliche e l’adesione della Cgil alla Confederazione europea dei sindacati.

Di analoga portata è l’impegno di Trentin al vertice della Cgil a sostegno del Libro Bianco di Jacques Delors, l’elaborazione per i Democratici di Sinistra del Manifesto per l’Italia e del Manifesto per l’Europa nel 2003 e la presa di posizione a favore della Costituzione europea nel referendum francese del 2005.



Le considerazioni di Gianni Pittella e David Sassoli

La “lezione di coerenza, rigore e sobrietà” lasciata da Trentin al Parlamento europeo è stata ricordata da Gianni Pittella, con un invito a riscoprire la battaglia condotta a Bruxelles insieme a Giorgio Napolitano e Giorgio Ruffolo contro la ricetta liberista e monetarista delle destre europee.

Nelle parole di Pittella, Trentin è esplicitamente riconosciuto come un maestro di europeismo, la cui lezione può costituire un bagaglio irrinunciabile per la famiglia socialista nel dibattito sul coordinamento delle politiche economiche e sociali e sul rilancio del modello sociale europeo nell’età della globalizzazione.

E’ una eredità pienamente riconosciuta dal capogruppo della delegazione del Partito Democratico al Parlamento europeo David Sassoli, nel nome di una presenza attiva dell’Unione europea per il superamento della crisi economica e finanziaria e per il governo mondiale della globalizzazione. Ribaltare il paradigma del superamento del Novecento e ritrovare la memoria delle grandi mobilitazioni per i diritti di libertà e uguaglianza è ritenuta da Sassoli una condizione imprescindibile per potenziare le politiche di crescita economica e sociale dell’Unione e dare nuova linfa alla cittadinanza europea.







Le conclusioni di Sergio Cofferati

La fisionomia di Trentin come “straordinario innovatore” nella storia della Cgil e della sinistra italiana è stata al centro delle conclusioni di Sergio Cofferati.

Nella ricostruzione di Cofferati, il punto più alto della cultura sindacale di Trentin è costituito dagli accordi con il governo Amato e con il governo Ciampi nel biennio 1992 - 1993, “senza i quali l’Italia non sarebbe entrata nei parametri di Maastricht”. Le dimissioni da segretario generale della Cgil seguite all’accordo con il governo Amato nel luglio 1992, la riassunzione della segreteria, la politica dei redditi concertata con il governo Ciampi rappresentano plasticamente i due poli della lealtà nei confronti dell’organizzazione e dell’adesione all’Europa come “nuova patria” per il mondo del lavoro e la nazione italiana, quando forze influenti della grande industria guardavano la moneta unica come un pericolo per le loro rendite di posizioni.

Se grazie a un Presidente della Repubblica quale Sandro Pertini e a un segretario generale della Cgil come Luciano Lama l’Italia repubblicana ha saputo battere il terrorismo degli anni settanta, l’ “autorità morale” di Carlo Azeglio Ciampi e di Bruno Trentin ha permesso all’Italia degli anni novanta di assolvere il suo compito tra i paesi fondatori dell’Europa ed essere all’avanguardia del processo di integrazione.

 

Data la ricchezza e la qualità del dibattito,  gli atti della giornata saranno pubblicati insieme a una selezione degli interventi di Trentin al Parlamento europeo, a cura della Fondazione Giuseppe Di Vittorio e del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici.

 

Anticipiamo alcuni stralci dell’intervento di Guglielmo Epifani, neo presidente dell’Istituto Bruno Trentin, promosso dalla Cgil per incrementare il lavoro sull’identità del sindacato e sulle trasformazioni del mondo del lavoro nel tempo presente.

 

Da “Giustizia e Libertà” al sindacato dei diritti per l’Europa politica e sociale,

di Guglielmo Epifani

 

Credo abbia una profonda ragione ricordare Bruno qui e rendere omaggio a una sua caratteristica di fondo: essere stato un uomo profondamente legato all’esperienza europea, alla cultura europea, alla cittadinanza europea.

Quale è il tratto della modernità di Bruno ? Bruno lascia la CGIL diciassette anni fa, ma gli ultimi diciassette anni sono stati quelli in cui è cambiato praticamente tutto. Eppure siamo qui a discutere delle idee e delle intuizioni che Bruno ci ha dato. Ha dentro di sé, nel suo fare, nel suo agire, nel suo pensare dei tratti di modernità che i cambiamenti non hanno messo da parte.

Ci sono due temi di fondo che attraversano la biografia intellettuale, politica, sindacale e civile di Bruno. Due idee guida che lo hanno sempre accompagnato, da quando a 17 anni milita nelle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà a quando muore, con una coerenza totale: l’idea della libertà e l’idea della giustizia sociale.

Non è un caso, perché il binomio giustizia e libertà è il fondamento del pensiero politico dal quale Bruno nasce, che vive insieme al padre e che ha una influenza su Bruno molto più forte di quello che non abbiamo mai pensato.

Bruno aveva un rapporto difficile con la parola riformismo. Dicevamo a Bruno con Sergio Cofferati: “Ma perché tu pensi così male del riformismo ? Non è vero che il riformismo è una parola malata”. Poi un giorno apro un libro del padre e trovo una critica fortissima di Silvio Trentin, che è stato un grande federalista che si ispirava alla teorie di Cattaneo, alla debolezza del riformismo socialista degli anni venti per aver aperto la strada all’avvento del fascismo. Vedete come i fili della memoria anche generazionale si connettono, altrimenti in un uomo come Bruno sarebbe stata impensabile questa sua idea sulla parola riformismo [….].

Il punto è che in Bruno libertà e giustizia sociale sono declinati in maniera tale che libertà vuol dire essenzialmente autogoverno, responsabilità. E’ una idea che lo accompagna sempre. Da quando segue il padre a diciassette anni, torna in Italia a fare la Resistenza a quando attorno al tema dell’autogoverno sviluppa tutta la sua azione sindacale, basti pensare al libro del 1977 Da sfruttati a produttori. Lotte operaie e sviluppo capitalistico dal miracolo alla crisi e al tema della democrazia industriale. Attorno a tutto questo costruisce la sua concezione della liberazione nel lavoro e mai della liberazione dal lavoro, che non ha mai segnato la sua cultura. E’ un concetto di libertà che attraversa sotto forma di autogoverno tutta la sua cultura e che lo porta ad essere estremamente solidale con le grandi esperienze dei movimenti di liberazione del terzo mondo. […]

Nella sua idea di giustizia sociale Bruno incontra l’idea dei diritti. Il sindacato dei diritti è un altro grande lascito di Bruno. Del resto Bruno va in America e a venti anni studia la giurisprudenza americana del lavoro e si laurea con una tesi di diritto. […] Con il sindacato dei diritti Bruno trova nel sapere, nella formazione, nella conoscenza il terreno nel quale la libertà come autogoverno e il tema dell’uguaglianza e della giustizia sociale si ritrovano. E’ la sua idea di un welfare non risarcitorio. Il cittadino non è un soggetto passivo che deve avere attraverso il welfare il ristabilimento di un sistema di uguaglianza. C’è qualcosa di più. Il welfare è visto come un processo attivo, nel quale il cittadino deve mettere in campo anche se stesso per ottenere dei risultati.

C’è poi la riflessione sull’uguaglianza della cittadinanza e sul ruolo del sindacato nelle società multietniche e multiculturali. Ci propose ad esempio di togliere la I nella sigla della CGIL. Voleva che la CGIL si chiamasse semplicemente Confederazione Generale Lavoro, perché diceva che avrebbe rappresentato sempre di più lavoratori provenienti da tutte le parti del mondo. Se la dimensione doveva essere almeno quella di un sindacato europeo, perché tenere la parola Italia ? ma questo lo diceva già nei primi anni novanta. […]

Trentin è stato davvero un uomo molto legato alla dimensione europea. Le persone con le quali ha lavorato di più, qui a Bruxelles e in Italia, quelle che le erano più affini erano tutte persone che avevano questa dimensione europea. Abbiamo ricordato prima Giorgio Napolitano, con cui sono stati insieme in questo Parlamento, ma occorre ricordare anche Carlo Azeglio Ciampi, con cui fece l’accordo del 1993, Un altro grande amico e compagno è stato Giorgio Ruffolo, come lui particolarmente attento alle questioni del programma e del progetto.

Negli ultimi anni Bruno pensava spesso all’Europa, all’insufficienza dell’azione dell’Europa e della Confederazione europea dei sindacati e aveva il  cruccio di non vedere crescere una Europa sociale, in cui i diritti di cittadinanza fossero uguali per tutti.

Penso a cosa direbbe Bruno dell’Italia di oggi e delle difficoltà delle istituzioni italiane e delle istituzioni europee. E credo che probabilmente ne trarrebbe ancora una volta la spinta per esprimere  al meglio quello che in fondo lui era, non un uomo delle istituzioni, anche se è stato anche un uomo delle istituzioni, ma un combattente della libertà e della democrazia, capace di stare dentro ai movimenti e nel rapporto diretto con le persone, con il suo stile e le sue virtù che hanno saputo rappresentare una delle pagine più alte dell’essere insieme italiani ed europei.

 

(registrazione e trascrizione a cura di Sante Cruciani)

























Con la furia di ragazzo. Un ritratto di Bruno Trentin tra i lavoratori italiani immigrati in Belgio,di Sante Cruciani



Oltre ad essere ricordata in maniera ufficiale al Parlamento europeo, la figura di Trentin è stata oggetto di una proiezione speciale del film di Franco Giraldi, Con la furia di un ragazzo. Un ritratto di Bruno Trentinpromossa dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e dall’Inca Cgil del Belgio presso il “Centre d’histoire économique et sociale de la région bruxelloise”.

Nell’atmosfera di festa prodotta dall’incontro tra diverse generazioni di lavoratori italiani emigrati in Belgio, i locali di una fabbrica dismessa trasformata nel centro di documentazione di storia economica e sociale “La Fonderie” dall’Inca Cgil hanno visto emergere dallo schermo cinematografico l’immagine di Trentin, impegnato a rievocare sullo sfondo delle Dolomiti di San Candido, del Lingotto di Torino, di Mirafiori e della sede centrale della Cgil le tappe principali della sua biografia e della storia della sinistra politica e sindacale europea.

Come ha ricordato Carlo Ghezzi nella presentazione del documentario, l’orizzonte europeo e la ricerca intellettuale e politica di Trentin possono offrire un contributo di prima grandezza per ripensare la storia delle sinistra italiana ed europea e rilanciare la battaglia per i diritti di libertà e uguaglianza del mondo del lavoro, oltre i confini degli stati nazionali e all’interno dello spazio comune europeo.

Con lo stesso spirito, la Fondazione di Vittorio e l’Inca Cgil del Belgio metteranno in campo altre iniziative per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia ed intensificare in Europa la mobilitazione per la salvaguardia del modello sociale europeo di fronte alle spinte della globalizzazione alla precarizzazione del lavoro e al ridimensionamento dei diritti di libertà e uguaglianza tra i cittadini dell’Unione europea.