Asti

A cura dell'ARCHIVIO STORICO della CAMERA del LAVORO di ASTI

Asti, 1 maggio 2020:

dedicato alle memorie perdute, alle domande non fatte, alle parole non raccolte

In occasione del 1 maggio 2020 abbiamo scelto tre documenti della storia del movimento operaio e sindacale astigiano. In questa scelta abbiamo voluto sottolineare due elementi: il primo, la gente e la sua forza partecipativa, di relazione, di comunanza; il secondo le diverse generazioni presenti, divise per ruoli o per mentalità e comportamenti, ma uniti dal passaggio inevitabile del tempo. Tre sono le parole chiave: prendersi cura, dignità del lavoro e della persona, valore sociale del lavoro. Il nostro primo maggio vuole essere dedicato alle vittime più anziane dell'epidemia che ha ferito in questi mesi l'intero pianeta. Con loro abbiamo perso un pezzo della nostra storia e della nostra memoria: quanti di loro hanno partecipato nel corso degli anni alle manifestazioni del 1 maggio? Quanti di loro hanno lottato per il riconoscimento dei diritti? Quanti di loro hanno maturato e trasmesso esperienze di lavoro, competenze, capacità? Un patrimonio umano è andato via nel silenzio, in solitudine, lontano dalle relazioni più care. Quella che abbiamo perso è la generazione nata sotto il fascismo, che ha provato le ristrettezze e la violenza della guerra ma che si è fatta carico di un cambiamento radicale: ha chiuso un'epoca e ne ha aperta un'altra, completamente diversa, fatta di democrazia, pace, conquiste, benessere. Si è fatta carico delle macerie di un Paese ferito e l'ha restituito diverso alle generazioni successive, credendo nell'etica del lavoro, nella responsabilità individuale e civile, nel bene comune. Se vogliamo ripartire dalla ricostruzione dei rapporti umani sfilacciati da settimane di isolamento, dal cambiamento delle nostre priorità, dall'inevitabile crisi che dovremo affrontare, dobbiamo fare in modo che la memoria di questa perdita diventi parte integrante del nostro presente nella consapevolezza di aver perso, inevitabilmente e per sempre, un pezzo anche di noi.

1) Prendersi cura del proprio Paese tra le macerie della guerra e creare il proprio futuro. Un primo maggio “speciale”, quello del 1945: 

E' la piazza centrale della città: vi si trovano il municipio e la chiesa del Santo Patrono, San Secondo. Mescolati alla gente ci sono tanti partigiani, armati, pronti a difendere questo nuovo spazio di vita, conquistato da pochi giorni: è il primo maggio del 1945, Asti è libera dal 24 aprile. La fotografia ci restituisce una folla diversa da quelle che hanno segnato il ventennio fascista: nessuno è in divisa, nessuno ha obbligato questi uomini e queste donne a trovarsi, i cartelli riportano la spontaneità di una comunicazione per troppo tempo soffocata dai proclami mussoliniani. E' l'inizio di un qualcosa di diverso, che non si conosce ancora, ma che porta già dentro di sé alcune certezze: mai più guerre e mai più dittature. Un'altra Italia è possibile? Forse sì... 

 

 

2) 1969: La dignità del lavoro e la dignità della persona. Un sbiadito ritaglio di giornale esce dai faldoni dell'archivio. Ci riporta all'autunno caldo del 1969. Studenti ed operai, insieme, per chiedere un cambiamento: i rapporti tra loro sono contraddittori, complessi, segnati dalle diverse esperienze di vita, ma li accomuna la forte convinzione che per la conquista dei diritti occorra “rovesciare” la società, ricostruirla dal basso, eliminando tutti quegli spazi e quei meccanismi autoritari che soffocano la persona e la imprigionano in ruoli predeterminati.

3) E' il 1 maggio 1974: Il valore sociale del lavoro.

Dal presente al futuro che, guardando oggi, diventa storia. Un cartello ribadisce con forza ed orgoglio il ruolo di chi lavora: è il lavoro che permette la costruzione di un futuro per le generazioni che verranno. Un'eredità, un lascito che è il risultato di lotte durissime, difficili, pagate a caro prezzo a difesa della propria dignità di lavoratrici e lavoratori.

 

 

 

 

 

 

 

 

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