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Grazie da tutto il sindacato, Pierre Carniti

Per la Cgil e per l’intero sindacato italiano con la sua scomparsa viene meno un essenziale riferimento culturale e politico. In effetti per il ruolo e l’azione svolta in decenni di attività Bruno Trentin ha lasciato una traccia profonda nella vicenda sindacale italiana. Mi riferisco non tanto al contributo concreto fornito alla realizzazione di questo o quell’accordo, in funzione di questa o quella politica. Ovviamente la definizione delle politiche da perseguire costituisce sempre un passaggio impegnativo. In alcuni casi addirittura tribolato. Tuttavia, per quanto rilevanti, le politiche sono sempre il prodotto della storia. Destinate quindi a mutare con il mutare del contesto storico.

Il lavoro e la cultura, Luigi Berlinguer

Bruno Trentin non si fermava mai alla superficie delle cose né si accontentava di uno slogan. Frugava sempre curioso nel profondo per trovare spiegazioni di cui era avidissimo. E privilegiava i processi reali, non le facciate ideologiche. Inflessibile sui valori, rifiutava le formule: era questa la sua forza intellettuale, e forse era qui la chiave di quello che oggi Alfredo Reichlin chiama il suo riformismo.


Io vorrei riprendere una tematica a cui Bruno ha dato tanto, che è ancora di bruciante attualità: la cultura del lavoro, e cioè la natura nuova, la sostanza post-fordista, post-taylorista del lavoro ed il suo forte nesso con la cultura. Il lavoro nella società della conoscenza.

L'amarezza per l'involuzione della sinistra, Giorgio Ruffolo

Ogni grande storia ha il suo mito. Quella del sindacato si riconosce nel mito del movimento operaio. La vita di Bruno Trentin si è svolta in un tempo nel quale quel mito era ancora storia viva di un conflitto che coinvolgeva l’intera società, costituendone il tema dominante. A quel tempo e a quel mito appartiene la figura di Bruno Trentin. Ed è naturale che si pensi a lui come a un grande capo del movimento operaio.

Quella borsa miracolosa, Gian Paolo Baretta

Nel suo collocarsi alla ricerca di un punto di sintesi, nella sua capacità di non temere il nuovo e di guidare i processi della realtà per condurli verso una esplicita visione etica e culturale della società, in questo si riassume il contributo di Bruno Trentin alla storia del sindacato italiano.

Appartengo ad una generazione fortunata che si è formata al calore di grandi valori e di smisurate prospettive. In un’epoca, quella a cavallo tra la fine degli anni ’60 e buona parte del decennio ’70, di forti tensioni ideali, di passioni etiche coinvolgenti: sincera, esplicita, generosa. Un’epoca che, attraversata da esasperate e laceranti contraddizioni culturali, politiche e sociali, ha finito per far sì che le diverse, spesso opposte opinioni, volgessero più allo scontro che all’incontro.

Le tante tappe di un protagonista, Carlo Ghezzi

Bruno Trentin è morto il 22 agosto del 2007. Esattamente un anno prima era stato vittima di un brutto incidente mentre pedalava su una pista ciclabile disegnata tra le montagne dolomitiche della sua amata San Candido in Val Pusteria dove era uso da anni trascorrere i suoi periodi di riposo ed effettuare numerose arrampicate.

Con lui è venuto a mancare un protagonista, un dirigente che ha fatto la storia del sindacato italiano e che ha saputo pesare nel dibattito interno del Pci e di tutta la sinistra italiana. Bruno ha militato nella Cgil assumendo livelli di responsabilità crescenti alla fine del conflitto bellico, ha vissuto in prima fila, e sempre da protagonista, una buona metà della storia centenaria della confederazione.

L' urlo dell' operaio, la voce di Bruno, Chiara Ingrao

Bruno Trentin io l'ho conosciuto da ragazzina, quando veniva a parlare di politica con mio padre, all’ora del pranzo. Mangiavo, sparecchiavo la tavola a turno con le mie sorelle, e ascoltavamo i discorsi dei grandi. E quando a tavola c'era Bruno lo sparecchiare si faceva più lento, perché avevi voglia di fermarti ad ascoltare. In quell'ascolto, fra la pasta e la fettina, fra l'insalata e il caffè, è iniziata la mia formazione di persona adulta.

Autonomia Lavoro Libertà, Bruno Ugolini

È piombata all’improvviso la notizia della scomparsa di Bruno Trentin. Ha scosso gli animi dei molti che lo hanno conosciuto, ascoltato, amato. Per le sue idee, per la sua passione, per il suo rigore, per il suo stile di vita.
Il cronista che qui scrive lo ha seguito per anni, fin da quando era prestigioso dirigente dei metalmeccanici. Quel che ha imparato lo ha imparato da lui. Anche nel saper affrontare, come in queste ore, momenti di acuto dolore.

Già in questi mesi di sofferenza, dopo la caduta dello scorso anno, si è sentita la sua mancanza. Alludo all’assenza amara di una voce che sapeva guardare con lucidità e con speranza le vicende di un mondo, di un Paese, di una politica che a stento cerca il filo di un futuro incerto.

Con el Maestro Bruno Trentin, Jose' Luis Lopez Bulla

Bruno Trentin cumple sus primeros ochenta años. Este es un modesto homenaje a su vida y obra. Lo que daríamos muchos por llegar a esa edad con la cabeza tan amueblada o casi casi. Por muchos años, maestro. Edita esta bitácora el GRUPO DE AMIGOS DE TRENTIN, de Santa Fe, capital de la Vega de Granada, presidido por Rafael Rodriguez Alconchel, afiliado a Comisiones Obreras...

Quel che gli devo, Furio Colombo

Questo non è un ricordo e non è un addio.
Questa è la testimonianza di una presenza che resta nella vita e nella cultura italiana persino in un tempo barbaro che vede futuro e modernità nello smantellamento, nel vandalismo, nel rimuovere e negare come segno di presenza e di afona egemonia. Furio Colombo
Quel che gli devo
da l'Unità

Questo non è un ricordo e non è un addio.
Questa è la testimonianza di una presenza che resta nella vita e nella cultura italiana persino in un tempo barbaro che vede futuro e modernità nello smantellamento, nel vandalismo, nel rimuovere e negare come segno di presenza e di afona egemonia.

Un omaggio a Bruno Trentin: intellettuale, militante, sindacalista

S. Leonardi

Un omaggio a Bruno Trentin: intellettuale, militante, sindacalista


Articolo pubblicato su “Le Monde du Travail”, 1/2008

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