È tempo che i leoni insorgano e inizino a ruggire: il festival di letteratura working class 2025
Soffia forte il vento in via Fratelli Cervi 1, nello spiazzale dell’ex stabilimento GKN di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze.
Soffia forte il vento, tanto che il lunghissimo striscione calato sulla facciata della fabbrica, ben assicurato da corde e ganci, “ballando” produce un rumore stridulo, potentissimo, sembra quasi che voglia prendersi il suo spazio e rendere più forte e più chiaro il messaggio di cui è portatore: stop speculazione si legge a lettere cubitali, firmato: collettivo di fabbrica lavoratori GKN firenze.
Dal 4 al 6 aprile, nel piazzale antistante lo stabilimento, si è svolta la terza edizione del festival della letteratura working class, organizzato dalla casa editrice Edizioni Alegre, con la collaborazione di ARCI Firenze, e dai veri protagonisti di tutta questa storia: il collettivo di fabbrica dei lavoratori GKN, dal 9 luglio 2021 in presidio permanente.
Circa 7.000 persone hanno partecipato al festival in 3 giorni, da tutta Italia e anche dall’Europa.
“Il Festival è arrivato a proteggere la fabbrica. La fabbrica vuole ripartire con il Festival”[1].
Tre giorni di incontri in cui analizzare, dal punto di vista di chi lavora, le prospettive della letteratura working class.
Dodici sono stati i panel di discussione letteraria, seguiti sempre dall’Elefante nella stanza, ossia interventi da alcune delle lotte sociali e di classe che attraversano il nostro paese. Tantissimi i temi affrontati: dalla poesia operaia alla musica popolare, dall'autobiografia sociale alla critica letteraria militante, fino al racconto che arriva dai territori deindustrializzati così come dai ristoranti e dalle zone di sacrificio, come Taranto, la cui resistenza nata attorno all'Ilva è entrata in convergenza con la lotta dell'ex Gkn.
Proprio il tema della convergenza delle lotte è un punto fondamentale per capire la portata di questa battaglia: il collettivo, oltre a legami con la lotta dell’Ilva di Taranto, appoggia la causa di chi manifesta per la questione climatica, ha contatti con lotte che riguardano il territorio, ad esempio il comitato Quarticciolo Ribelle, appoggia movimenti studenteschi, delle donne, contro la guerra.
Nel corso dell’ultimo panel, quello dal titolo Riprendersi la primavera, FDV ha presentato il Premio letterario “Giuseppe Di Vittorio”; presentato anche quello del Comune di Montelupo (sempre sul tema del lavoro) e due progetti legati al Collettivo: il patto di mutuo soccorso Insorgiamo e il polo culturale working class.
“La costruzione di un immaginario working class è fondamentale per la lotta delle classi subalterne e per costruire un'alternativa alla deriva bellicista e anti-ecologista dell'economia. Per questo la proposta di un polo permanente della cultura working class entra a pieno titolo nel nostro progetto di reindustrializzazione”, dice dal palco Alberto Prunetti, scrittore ed uno degli organizzatori del Festival. Il patto di mutuo soccorso invece serve a prendersi cura gli uni degli altri, per resistere ancora, insieme.
Durante i tre giorni anche due concerti e un corteo per la “fabbrica socialmente integrata, perché siamo pubblica utilità”.
La fabbrica socialmente integrata, un’utopia possibile che si sta facendo. Cosa si intende con questa definizione? Il fine di questa lotta è l’alternativa al sistema produttivo capitalista: alle multinazionali senza legami e senza scrupoli si contrappone la fabbrica delle persone, del territorio, delle cause sostenibili per l’ambiente. Il piano di re-industrializzazione del collettivo infatti, punta a produrre all’interno di quello stabilimento cargo bike elettriche e pannelli solari: è tutto pronto, “abbiamo un piano” (e delle cargo bike super).
Al corteo, partito dal festival alle 18 del secondo giorno, hanno partecipato circa 5000 persone, solidali con la causa. E al termine del corteo, arrivati nel centro di Campi Bisenzio, a ridosso di una meravigliosa Casa del Popolo, oggi circolo Arci, una cena sociale, e infine un concerto/reading acustico di Massimo Zamboni, musicista ex CCCP, ex CSI, che ha regalato al festival una serata speciale, quella “Resistere per ri-esistere. Prove tecniche di resurrezione”.
Il Collettivo lavora anche durante il festival: montano, smontano, spostano, fanno caffè e spillano birre, partecipano a panel. Domenica mattina, in vista del fortissimo vento previsto, tra le 10 e le 12 di lavoratori hanno trapanato gazebi mettendoli in sicurezza. Nel piazzale erano presenti circa 5000 sedute e decine e decine di gazebi, ognuno sorretto da quattro gambe da trapanare, centinaia di chiodi. Dall’indicazione sulla felpa, uguale per tutti loro, sono manutentori, quelli che lavoravano in fabbrica. Worksafe come forma mentis.
Affezionato al Festival di Campi Bisenzio anche Ken Loach, cineasta di lunga data internazionalmente conosciuto per i suoi film sul mondo del lavoro e sulle condizioni di vita e lavoro delle persone, che nel saluto recapitato al Festival così scrive: “[…] La brutta notizia è che non c’è un’altra soluzione. Non potremo mai controllare il capitalismo, non potremo obbligarlo a lavorare per noi: la storia è coronata dai fallimenti di quest’idea. Ma la buona notizia è questa: la classe lavoratrice ha la forza per farcela. Il gigante addormentato può essere risvegliato. Ecco perché il vostro festival è così importante. State mostrando la via da seguire. Non ha senso cantare l’‘Internazionale’ se non agiamo davvero a livello internazionale: è questa la nostra responsabilità più grande.
Grazie per aver ascoltato queste poche parole. Un poeta inglese, Percy Bysshe Shelley, ci esortava a «sollevarsi come leoni dopo il sonno!». È tempo che i leoni insorgano e inizino a ruggire!”
[1] Dal comunicato ufficiale post festival degli organizzatori.