Fondazione Di Vittorio – Associazione Nazionale 'Proteo Fare Sapere'. Linee generali per un progetto di ricerca e azione per la promozione dell’apprendimento permanente.
Per anni la CGIL ha fortemente denunciato la intollerabile condizione di arretratezza delle politiche per la costruzione di un sistema di educazione degli adulti in grado di rispondere alle attese di un Paese che intende muoversi in Europa superando i gravi ritardi accumulati in questi anni.
La presentazione nel 2009, da parte della CGIL, di una proposta di legge di iniziativa popolare per l’avvio di tale sistema, ha indubbiamente concorso ad accelerare un processo di innovazione istituzionale che oggi ci consente di misurarci con un quadro decisamente più avanzato:
- l’art.4 della legge 92/2012 (disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro), stabilisce che l’apprendimento permanente deve diventare una realtà per tutti ed indica in primo luogo, nel miglioramento del sistema di istruzione e formazione, la strada maestra per raggiungere tale obiettivo;
- l’intesa in Conferenza Unificata del 20/12/2012 e successivamente la messa a punto delle “Linee guida per la costituzione dei centri territoriali per l’apprendimento permanente”, disegnano un quadro del tutto nuovo in cui collocare, sia pure in un quadro di limitate risorse finanziarie, gli interventi per raggiungere l’obiettivo ;
- in Conferenza Unificata del 20/07/2014 è approvata l’intesa relativa alle “Linee strategiche per la costituzione dei servizi e delle reti territoriali per l’apprendimento permanenteˮ. E a partire da questo anno scolastico ha preso avvio la messa a regime dei CPIA.
La CGIL, insieme a FLC-Cgil e all’Auser, nel quadro di un buon livello di intesa unitaria con CISL e UIL, segue questo processo complesso, consapevole di tutte le lentezze e le contraddizioni che segnano questa fase: difficoltà di iniziativa in molte Regioni (anche per effetto delle riforme istituzionali in corso); difficoltà finanziarie, emerse dalla acutizzazione della crisi economica; alcune scelte incomprensibili dell’Esecutivo come quella di non coinvolgere i CPIA nel programma europeo di contrasto alla disoccupazione giovanile; da ultimo una legge sulla scuola, la 107/2015, che non riserva alcuna attenzione alla tematica della educazione degli adulti.
Se da una parte, pertanto, le motivazioni che avevano sollecitato la CGIL a promuovere una legge di iniziativa popolare, hanno trovato una risposta, importante anche se parziale sul piano istituzionale, sul piano politico e sociale molte restano le questioni aperte per la compiuta realizzazione di un “sistema” che consenta alle persone di fruire di attività formative nel corso della propria vita.
L’indagine dell’Istat relativa al 2012, documenta che gli adulti di età compresa tra i 18 e 74 anni che seguivano attività del sistema formale, erano solo il 5,8%. Secondo l’indagine OCSE-PIACC sempre del 2012, gli adulti impegnati in attività di formazione ed istruzione sono il 24% contro il dato OCSE del 52%; tale partecipazione decresce con l’età (i 25-34enni sono il 31% e solo il 12% nella fascia 55-64 anni). Ma il dato più significativo, che segna una costante in tutte le indagini, è che oltre l’80% di coloro che fruiscono di opportunità formative di diverso genere, sono persone con un titolo di studio medio-alto. Nella sostanza la formazione, nelle sue diverse forme, torna a chi già la possiede e riesce solo a sfiorare la grande massa di popolazione adulta che non ha diplomi o lauree.
Si conferma, dunque, che chi ha un basso livello di scolarità trova innanzitutto in se stesso una difficoltà psicologica profonda ad esprimere consapevolmente una domanda di formazione. La formazione della persona non è infatti un bisogno primario e come tale non si esprime “spontaneamente”; il basso livello culturale, il peso di insuccessi scolastici subiti in età anche lontana, continuano a costituire una vera barriera che potrà essere superata solo con l’aiuto, la collaborazione, la cura, di qualcuno che se ne assuma intenzionalmente la responsabilità.
Tale dato non riguarda solo il passato. Il nostro sistema di istruzione continua a produrre una scolarità di basso livello (si pensi alla enorme massa di studenti medi promosso con il “sufficiente”), a disperdere e selezionare quasi il 20% dei nostri ragazzi delle scuole superiori, con un conseguente “rischio alfabetico” che affligge il nostro Paese. Questo avrebbe dovuto essere, a nostro parere, il vero focus su cui concentrare l’idea e il progetto di una nuova legge per il sistema di istruzione e formazione. Non è una “buona scuola” quella che non si occupa dell’educazione degli adulti.
Nel quadro della “domanda che non prende forma”, c’è quella quota di popolazione, in crescita, che avendo raggiunto il traguardo della pensione, rischia, con la conclusione delle relazioni di lavoro, di escludersi anche dalle relazioni di vicinato, sociali, familiari. Non a caso la Comunità Europea ha fatto del 2012 l’anno dell’invecchiamento attivo, per sottolineare come questa fascia di popolazione in crescita ( per effetto del combinato disposto: bassa natalità e allungamento della vita), viva un rischio di esclusione sociale altissimo.
Sulla base di queste considerazioni appare evidente che occorre da una parte seguire ed incidere sul processo attuativo del nuovo quadro giuridico/istituzionale dell’apprendimento permanente, dall’altra serve anche una proposta culturale che supporti, in termini di nuove metodologie ed esperienze educative, la capacità di motivare o ri-motivare all’apprendimento permanente come diritto della persona proprio coloro che, più di altri, rischiano di esserne esclusi. Per realizzare questo obiettivo occorre sperimentare, su un territorio definito (una serie di valutazioni ci induce ad optare per la Regione Toscana), una strategia che abbia chiaro il quadro di tutte le risorse civili e sociali con cui costruire una rete idonea a far emergere la domanda “invisibile” di formazione e successivamente convogliarla verso le sedi istituzionali preposte alla erogazione delle offerte formative. Dunque un percorso concreto, con un progetto da elaborare nel contesto prescelto e con le associazioni presenti e disponibili sul territorio; un percorso da monitorare strada facendo per riuscire ad individuare le metodologie e gli strumenti più adatti a coinvolgere nuove persone nella esperienza di apprendimento. Al centro della ricerca-azione che qui viene proposta è il CPIA, vero e proprio "motore", da cui parte e al quale fa ritorno l'iniziativa che il progetto intende sviluppare nel contesto sociale di riferimento. Non si potrà, pertanto, prescindere dalla progettazione e organizzazione di attività formative per i docenti dei CPIA, che si configurino altresì come azioni di sostegno nella fase di passaggio dalla regolamentazione precedente (CTP e “corsi serali”) a quella attuale, che assegna al CPIA la funzione di Rete territoriale di servizio, destinata a svolgere, oltre all'attività di formazione, anche quella di ricerca, sperimentazione e sviluppo in materia di istruzione degli adulti, realizzando in concreto quel “triangolo della conoscenza” (istruzione, ricerca, innovazione) più volte richiamato in sede europea.
A questo progetto hanno dato al momento la disponibilità a collaborare, insieme alla Fondazione Di Vittorio e all’Associazione Proteo Nazionale, il dipartimento formazione e ricerca della CGIL, la Flc-CGIL, lo SPI-CGIL e la CGIL di Firenze. Il progetto potrà inoltre avvalersi del contributo e della competenza del Prof. Francesco Susi, esperto di fama nazionale sulle tematiche dell’Eda.