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FAO, IFAD, WFP - Lo stato dell'insicurezza alimentare nel mondo 2015

La fame nel mondo scende sotto gli 800 milioni di persone, ma non è raggiunto l'Obiettivo del Millennio  (Puoi leggere l'articolo per esteso cliccando  sul titolo della della notizia).

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Secondo l'ultima edizione del rapporto annuale sulla fame (State of Food Insecurity in the World 2015, Lo stato dell'insicurezza alimentare nel mondo 2015 – SOFI), pubblicato il 27 maggio dall'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO), dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) e dal Programma alimentare mondiale (WFP) delle Nazioni Unite, il numero complessivo delle persone che soffrono la fame nel mondo è sceso a 795 milioni - 216 milioni in meno rispetto al biennio 1990-92 e 167 milioni in meno negli ultimi dieci anni – ma si tratta ancora di circa una persona su nove abitanti del pianeta.

Il rapporto di quest'anno assume un carattere particolare perché, da un lato, misura il (mancato, seppur di poco) raggiungimento dell'Obiettivo del Millennio di dimezzare la proporzione di persone affette dalle fame nel mondo entro, appunto, l'anno in corso. Dall'altro perché siamo alla vigilia del varo, da parte della prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dei prossimi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che avranno senz'altro tra gli scopi centrali quello di eliminare la fame entro il 2025 o, al peggio, entro il 2030.
 

Secondo il rapporto, se nel mondo le persone denutrite sono scese dal 18,6% al 10,9% della popolazione, nei paesi in via di sviluppo, la denutrizione - le persone che non sono in grado di consumare cibo sufficiente per una vita attiva e sana – riguarda ancora 780 milioni di persone, pur essendo scesa dal 23,3% al 12,9% in un quarto di secolo.

Nonostante i progressi rimangono forti differenze nelle diverse aree del mondo.

Nell'Africa Sub Sahariana, c'è la più alta incidenza della denutrizione, con quasi 1 persona su 4 affetta dalla fame e progressi molto scarsi negli anni recenti.

In 72 dei 129 paesi monitorati dalla FAO è stato raggiunto l'Obiettivo del Millennio di dimezzare la percentuale della denutrizione entro il 2015, ma l'insieme dei paesi in via di sviluppo ha mancato l'obiettivo, seppur per un piccolo margine (intorno all'0,8%).

L'obiettivo più ambizioso, posto dal Vertice Mondiale sull'Alimentazione del 1996, di dimezzare entro il 2015 il numero assoluto delle persone denutrite è stato raggiunto da 29 paesi.

Ma a livello globale ben 265 milioni di persone in più, rispetto all'obiettivo, soffrono la fame, anche se va considerato che l'aumento di 1,9 miliardi della popolazione mondiale, nel periodo, ha reso l'obiettivo del dimezzamento in numero assoluto vieppiù ambizioso.

I progressi più veloci si sono riscontrati in America Latina, con la riduzione della fame in Brasile, Cile, Guiana, Nicaragua, Perù, Uruguay e Venezuela.

Tra i paesi asiatici, i progressi più rapidi si sono registrati in Armenia, Azerbaijan, Cina, Georgia, Kirghizistan, Kuwait, Myanmar, Oman, Thailandia, Turkmenistan e Vietnam, che hanno raggiunto sia l'Obiettivo del Millennio che quello del Vertice Mondiale sull'Alimentazione.

Positivi esempi di considerevoli progressi sono, in Africa: Angola, Camerun, Gibuti, Gabon, Ghana, Mali e San Tomè e Principe. Anche questi paesi hanno dimezzato sia il numero assoluto che la percentuale dei denutriti rispetto al 1990 - 92.

Al contrario progressi molto lenti si sono riscontrati in vari paesi dell'Africa Sub Sahariana, tra cui Repubblica Centro Africana, Costa d'Avorio, Liberia, Madagascar, Namibia, Senegal, Swaziland, Uganda, Tanzania e Zambia.

 In Asia, Corea del Nord, Iraq e Tajikistan hanno visto un aumento del numero di persone denutrite. In America Latina, nonostante i buoni risultati della regione nel suo complesso, si registra una crescita del numero di denutriti in Guatemala.

Le sfide economiche ed ambientali hanno ostacolato i progressi
 

Il rapporto nota come i progressi verso la piena realizzazione degli obiettivi di sicurezza alimentare stabiliti per il 2015 siano stati ostacolati in questi anni da condizioni economiche globali difficili, così come da eventi meteorologici estremi, calamità naturali, instabilità politica e conflitti armati.

Sono 24, il doppio rispetto al 1990, i paesi africani che oggi stanno affrontando crisi alimentari.

Quasi una persona su cinque tra quelle che soffrono la fame vive in ambienti di crisi caratterizzati da una governance debole e da una estrema vulnerabilità alle malattie e alla morte.

Il SOFI 2015 fa notare che, nel corso degli ultimi 30 anni, le crisi sono passate da eventi catastrofici, di breve durata, intensi e molto visibili, a situazioni protratte nel tempo causate da una combinazione di fattori, in particolare dal susseguirsi di catastrofi naturali e conflitti - con il cambiamento climatico, e le crisi finanziarie e la speculazione sui prezzi delle derrate alimentari spesso tra i fattori di aggravamento.

I tassi della denutrizione e della fame nei paesi che soffrono di crisi prolungate sono tre volte più alti che altrove.

Nel 2012, circa 366 milioni di persone vivevano in situazioni di questo tipo - di questi 129 milioni erano denutriti - il 19% di tutte le persone che soffrono d'insicurezza alimentare nel mondo.
 

La mappa della fame

Un notevole abbassamento della fame è stato raggiunto in Asia orientale e progressi molto veloci vi sono stati in America Latina e nei Caraibi, nel sud-est asiatico e nell'Asia centrale, come pure in alcune parti del continente africano, dimostrando che una crescita economica inclusiva, investimenti agricoli e interventi di protezione sociale, insieme alla stabilità politica, rendono possibile l'eliminazione della fame.

L'Africa sub-sahariana è la regione con la più alta prevalenza di denutrizione al mondo - 23,2% della popolazione - quasi una persona su quattro.

Tuttavia, i paesi africani che hanno investito di più per migliorare la produttività agricola e le infrastrutture di base sono riusciti a raggiungere l'obiettivo di sviluppo del millennio relativo alla fame, soprattutto in Africa occidentale.

La percentuale di persone che soffrono la fame in America Latina e nei Caraibi dal 1990 a oggi è scesa dal 14,7% al 5,5%, ed anche la quota di bambini fini a 5 anni di età sottopeso è fortemente diminuita. Un forte impegno per la riduzione della fame è stato tradotto in programmi sostanziali di protezione sociale che, insieme con una forte crescita economica, hanno guidato i progressi su scala continentale.

Tendenze diverse sono emerse in Asia. I paesi dell'Est e del Sud-Est asiatico hanno raggiunto una riduzione costante e rapida in entrambi gli indicatori della malnutrizione, sostenuta dagli investimenti nelle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie, ed anche da prospettive economiche favorevoli.

In Asia meridionale, dove la prevalenza della denutrizione è calata modestamente, passando dal 23,9% al 15,7%, molti più progressi sono stati fatti nella riduzione del problema dei bambini sotto peso.

In Nord Africa si è vicini a debellare le forme più gravi di insicurezza alimentare, con la denutrizione al di sotto del 5%, mentre la qualità degli alimenti è fonte di preoccupazione crescente per l'aumento di sovrappeso e obesità.

In Asia occidentale, dove le condizioni igieniche sono generalmente avanzate e sono bassi i tassi di bambini sottopeso, l'incidenza della fame è aumentata a causa della guerra e dei conflitti civili in alcuni paesi, con le conseguenti grandi migrazioni di rifugiati.
 

Le politiche per combattere la fame 

Non esiste una soluzione unica valida per tutti i casi su come migliorare la sicurezza alimentare.

Il rapporto SOFI evidenzia diversi fattori che hanno giocato un ruolo fondamentale nel raggiungimento dell'obiettivo della riduzione della fame.

In primo luogo, secondo il rapporto, il miglioramento della produttività agricola, soprattutto da parte delle piccole famiglie contadine, ha portato a notevoli passi avanti nella riduzione di fame e povertà. I paesi africani che hanno avuto i migliori risultati su questo fronte, hanno anche raggiunto l'obiettivo del Millennio sulla fame, mentre quelli che hanno fatto progressi più lenti non vi sono riusciti.

In secondo luogo, la crescita economica è sempre importante, anche perché amplia la base di gettito fiscale necessario per finanziare i trasferimenti sociali e gli altri programmi di assistenza.

Ma, per contribuire a ridurre la fame, deve essere inclusiva per dare opportunità a coloro che hanno minori risorse e competenze per incrementare i propri redditi, fornendo gli strumenti di cui hanno bisogno per superare tutte le calamità sia naturali che provocate dall'uomo. Aumentare la produttività degli agricoltori a livello familiare è un modo efficace per uscire dalla povertà e dalla fame.

Il rapporto SOFI sottolinea, in terzo luogo, l'importanza dell'espansione della protezione sociale. Spesso trasferimenti di denaro alle famiglie vulnerabili, ma anche sussidi per il pasto, programmi di assicurazione sanitaria o mense scolastiche, magari con appalti dati agli agricoltori locali, sono correlati fortemente con progressi nella riduzione della fame e con la possibilità che tutti i membri della società abbiano una sana alimentazione per perseguire una vita produttiva.

Il SOFI stima che grazie alle misure di protezione sociale si riesca ad evitare che circa 150 milioni di persone in tutto il mondo cadano nella povertà estrema - ma più di due terzi dei poveri continuano a non avere accesso a forme regolari e prevedibili di sostegno sociale. I trasferimenti di denaro aiutano le famiglie a gestire i rischi e a mitigare gli effetti di disastri improvvisi, che altrimenti li lasciano intrappolati nella povertà e nella fame.

 

 

 

Allegati
Fame_mondo_0.pdf (66.95 KB)