Un ritratto strepitoso, di Bruno Gravagnuolo

Uno strepitoso ritratto di Bruno Trentin. Bello, toccante, intenso. Come intagliato da una mano artigiana, sullo sfondo delle rocce dolomitiche, così amate dal grande sindacalista (scomparso il 23 agosto 2007). E che fanno da colonna sonora simbolica, oltre a quella musicale di Maurizio Abeni.

È questo il documentario di Franco Giraldi su Bruno, presentato l'altro ieri alla casa del Cinema di Roma, già acquistato dalla Rai, per poi essere venduto in Dvd e mostrato si spera nelle scuole. Si intitola 'Con la furia di un ragazzo', a cura della Fondazione Di Vittorio e dell'Archivio del Movimento operaio e democratico.
Ottanquattro minuti, ricavati da dieci ore di intervista mescolata a materiale d'archivio e girata nel 1998. A visionarla, oltre a un folto pubblico, c'erano a Roma Felice Laudadio, Ugo Gregoretti, Iginio Ariemma, Caterina D'Amico (che per la Rai l'ha acquistata), Marcelle Padovani, moglie di Trentin, e Pietro Ingrao in veste di «critico cinematografico» puntuto e stimolante. Dunque film e dibattito, come una volta, per nulla noiosi, né nostalgicamente «come eravamo». Intanto il film, girato su tre set. La Torino della fabbrica automatizzata al Lingotto. Le montagne di San Candido, dove un Bruno insolito racconta tante emozioni private. E poi Roma, l'ufficio presso i Ds di allora, prima di diventare parlamentare europeo. Non solo ritratto del leader, ma un pezzo della storia d'Italia vissuto attraverso scelte e biografia. Dalla formazione nella Francia in cui nacque, quella del Fronte popolare e della contigua guerra civile spagnola. Al rientro in patria con il padre Silvio, e all'ingresso nel Pci dal disciolto Partito d'Azione. Con in mezzo la Resistenza, la laurea con Bobbio e Opocher a Padova, l'incontro con Di Vittorio e la trascinante stagione della riscossa operaia tra i primi anni 60 e i 70. Quella riscossa è il fulcro del racconto, perché lì «nasce» il Trentin che si incide nella storia italiana: l'autunno caldo, il sindacato dei consigli, la nuova classe operaia che si ribella alla caserma Fiat.
Fino alle sconfitte degli anni 80 e dei primi 90, in parte corrette dall'accordo del 1993 con Ciampi, nonché dalla tematica del «sindacato dei diritti», altra invenzione di Trentin. Infatti il film si apre proprio con questo messaggio finale e «inaugurale» di Bruno: con la flessibilità e il post-fordismo vengono meno diritti e formazione, che proprio il «lavoro intelligente» richiederebbe.
Puntuali le osservazioni di Pietro Ingrao: «Bruno ha aperto la strada alla comprensione del neocapitalismo italiano e dei suoi conflitti». E ancora: «Ha capito prima degli altri che il leninismo era finito. Prima di me...». E infine: «Forse manca nel film una parte più specifica dedicata alla sconfitta mondiale della sinistra». In realtà più di un accenno c'è, a cominciaredal «compromesso storico». E poi ci sono altre 9 ore di girato. Si fa sempre in tempo a rimpolpare il tutto, in un'opera che è già un archivio al futuro e che speriamo di vedere in Rai oltre che in tante scuole.